Tempo fa, ci capitò di commentare la entusiastica accoglienza riservata dalla Unione Industriali della Provincia di Imperia ...
Tempo fa, ci capitò di commentare la entusiastica accoglienza riservata dalla Unione Industriali della Provincia di Imperia al discorso pronunziato davanti alla sua Assemblea, riunita nel Forte di Ventimiglia, da un noto economista di radice leghista: il quale parlava però a nome di tutta la nuova Maggioranza.
Costui disse chiaro e tondo – e lo ribadì ad abundantiam in una successiva intervista – che la libertà di impresa non poteva più essere considerata piena, come indica la Costituzione, bensì rimessa alla discrezione del Governo.
Accogliere con educazione un ospite è doveroso, ma le regole della buona creanza non impongono a nessuno di dichiararsi consenziente con lui.
Per quale motivo dunque questo Signore venne applaudito freneticamente?
Perché ciascuno dei partecipanti allo incontro – tra cui i veri imprenditori erano comunque ben pochi – sperava di entrare nel novero dei privilegiati: i quali – per i loro meriti politici, o per la particolare benevolenza dei nuovi dirigenti – avrebbero goduto non più di un diritto, bensì di un privilegio.
Esattamente come già avviene per i loro colleghi cinesi.
Lo orientamento espresso dallo oratore costituiva una inevitabile conseguenza del proposito, proprio della Destra, di limitare la libertà politica: senza la quale non vi può essere pieno esercizio di quella economica.
Tuttavia, pur di vedere bastonata la Sinistra, vi è ancora qualcuno disposto a prendere a sua volta delle legnate.
Qui, però, la analisi politica cede il campo a quella di competenza della psichiatra.
Ora assistiamo ad una replica di quanto consumato dalle nostre parti, che ha avuto come teatro il congresso della CGIL.
Un piccolo gruppo di delegati è uscito dalla sala intonando inni partigiani, ma la gran parte ha applaudito la Meloni.
I contestatori danno per scontato che la dirigenza non sappia distinguere tra i doveri di ospitalità ed il diritto al dissenso: costoro, dunque, non si sentono più rappresentati.
Chi invece applaude, si ritiene soddisfatto, in quanto nella nuova fase politica annunziata dalla Presidente del Consiglio la propria condizione personale verrà auspicabilmente conservata.
Ciò significa che i funzionari del Sindacato, ormai ridotti a svolgere funzioni di patronato. manterranno lo stipendio.
In una situazione, però, completamente diversa da quella che eravamo venuti costruendo a partire dalla Liberazione.
Nessuno nega il diritto della Meloni di valutare criticamente questo evento.
È tuttavia necessario rilevare come precisamente a partire dal 1945 ai valori propri della Unità Nazionale, elencati dalla Presidente del Consiglio (sia pure confondendoli con i simboli, e dunque mescolando la realtà con la sua rappresentazione), se ne è aggiunto un altro.
Non si tratta della democrazia, che costituisce sempre un work in progress, una continua tensione, una dialettica ininterrotta, ma del tentativo di promuoverla e di costruirla.
Molti di noi lo hanno concepito come un obbligo morale, in quanto volevamo vivere in una Patria giusta, composta per quanto possibile da eguali.
Sappiamo benissimo quali errori, eccessi, fallimenti si sono determinati nel compiere questo tentativo, ma il futuro che immaginavamo ed in cui credevamo non poteva prescindere in alcun caso dalla sua prosecuzione.
Ora la Meloni, non citando la democrazia tra i fondamenti della nostra convivenza civile, ci dice che tale intento deve essere abbandonato.
Il motivo è presto detto: questo sforzo ha contraddistinto una fase della vicenda nazionale che la Signora mette quanto meno tra parentesi, se addirittura non la rinnega espressamente.
La sua idea di Nazione, che ne definisce la identità, include infatti altri due periodi storici: quello liberale e quello fascista, mentre il terzo – cioè il nostro – viene considerato una fase di deviazione o di decadenza.
Che come tale deve essere superata.
I Delegati, di ritorno a casa, dovrebbero dunque – in coerenza con il loro applauso – cambiare mestiere.
Non vi è infatti più posto, in Italia, per il progresso sociale.
Salvo che lo si voglia identificare con le domande di pensione di invalidità.
Su questa linea è già attestata la CGIL di Imperia, fin dal tempo di Nicola Surico.

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Mario Castellano  24/03/2023
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