Il panorama delle Elezioni Amministrative di Imperia si sta precisando ...
Il panorama delle Elezioni Amministrative di Imperia si sta precisando, e mette in luce da una parte quale sia lo oggetto del contendere, e da una altra parte come si muovono sul terreno i diversi schieramenti, nonché le rispettive alleanze extra moenia: in altre parole, su quali appoggi i vari candidati possono contare a Genova, ma soprattutto a Roma.
Nessuno di costoro ha dimostrato di concepire una idea della Cittá, né – più in concreto – ha dimostrato di conoscere il reale condizione delle finanze comunali.
Tanto meno si è inteso mettere i cittadini al corrente di un problema che li riguarda tutti.
Cominciamo dalla idea di Imperia.
I grandi Sindaci, chiamati non già ad amministrare un piccolo paese, dove il solo problema consiste nella corretta gestione delle risorse (che risultano sempre più scarse, anche nelle Nazioni più ricche), bensì a guidare le Cittá grandi o medie, devono necessariamente basare la propria azione di governo su di una idea del futuro, su come cioè collocarsi nella realtà nazionale: nel caso delle metropoli, anche in quella internazionale.
Imperia è una Cittá cosiddetta policentrica, e come tale molto atipica, il che rende più difficile attribuirle una missione.
Questo risulta però il solo modo possibile per superare una scissione che ancora permane, non soltanto per via della eredità storica diversa, ma anche per la differente identità che ne abbiamo ereditato.
Si è detto giustamente che gli Stati nazionali si sono formati e si sono rafforzati in quanto chi li ha costituiti indicava a tutti i sudditi una missione comune.
Che, nel caso dei Paesi europei occidentali, consisteva nella proiezione verso lo spazio esterno: cioè essenzialmente nella conquista delle Colonie.
Da cui si riteneva potesse provenire un benessere così diffuso da far superare le differenze che permanevano nella Madrepatria tra le Regioni da cui era costituita: molte delle quali – pensiamo al nostro Meridione – erano già state ridotte al rango di colonia interna, vedendo per giunta negata la loro specifica identità.
Gli Stati nazionali si presentavano inoltre come portatori di una missione civilizzatrice: di qui derivava la esaltazione della loro cultura, ed anche della loro religione.
Se le Potenze del Vecchio Mondo litigavano nella spartizione dei territori extraeuropei, esse erano tuttavia accomunate dalla idea del cosiddetto Fardello dello Uomo Bianco, incaricato di redimere dalla inciviltà chi veniva considerato più arretrato.
Tipico è il caso della Spagna, che per prima intraprese la conquista delle Colonie: il Portogallo – fino al Trattato di Tordesillas - si era dedicato infatti all’impianto di basi commerciali, senza perseguire una espansione territoriale.
La conquista del Nuovo Mondo inizia dopo la riconquista del territorio nazionale: il 1492 segna la caduta di Granada, come anche lo sbarco di Colombo nelle cosiddette Indie, ma poco prima – con il matrimonio tra i Re Cattolici – si erano unificati i loro rispettivi domini.
Che avrebbero di nuovo teso a separarsi dopo la Indipendenza della America Latina.
Il nazionalismo basco e catalano comincia infatti a manifestarsi in seguito alla perdita di Cuba nel 1898.
Si parva magnis componere licet, ad Imperia – nata sulla carta di un Regio Decreto – Mussolini aveva assegnato una missione ben precisa: quella di essere sede di Amministrazioni Pubbliche statali e parastatali periferiche.
Il compito assegnato alla nuova Cittá consisteva dunque nel garantire al Regime il controllo territoriale, mentre la fusione tra le popolazioni di Oneglia e di Porto Maurizio veniva perseguita mediante una massiccia immigrazione di burocrati di altra origine, tra i quali facevano spicco – per il loro maggior potere – i gerarchi del Fascio.
Si può cogliere, in questa operazione, una analogia con la conquista dello Impero: che avrebbe dovuto assorbire – nei disegni del Duce - la emigrazione un tempo destinata alle Americhe ed alla Europa Centrale.
Il massiccio afflusso di persone caratterizzate dalla loro mentalità burocratica non attenuò i contrasti tra Oneglia e Porto Maurizio, soprattutto in quanto portò alla fine del solo elemento che le due Cittá avevano in comune: la vocazione marinara ed imprenditoriale.
Il Bassotto è figlio della immigrazione dalla Italia Meridionale: che però, in luoghi come Torino e Milano, ha dato braccia alla produzione, mentre da noi ha finito per estinguerla.
Ed ecco dunque i poveri Imperiesi ridotti a contendersi, a colpi di promozioni dei supermercati e di aperture di bar (solo in piazza Dante se ne contano ben dieci), i magri stipendi degli impiegati prefettizi.
È come se i Paesi europei avessero mandato nelle colonie molti funzionari, cui corrispondere gli stipendi, ma senza ricavarne alcun prodotto di importazione.
Il colonialismo, in tal caso, si sarebbe rivelato un pessimo affare anche per i suoi promotori.
Se dunque Imperia muore, a Roma non ne importa un bel nulla.
Occorreva dunque inventare qualcosa di nuovo, ed il Bassotto – dopo la chiusura della ultima fabbrica – lo ha in effetti escogitato, facendolo uscire come il coniglio dal suo cilindro di prestigiatore: Imperia è destinata a divenire – grazie al suo governo illuminato e geniale – una meta turistica tra le più affollate del mondo, piena di alberghi e di ristoranti (non di casino, per cui a Las Vegas possono dormire tranquilli).
Per raggiungere tale obiettivo, bisogna naturalmente creare delle infrastrutture, con i soldi del PNR.
Che però in primo luogo non arriveranno, ed in secondo luogo devono naturalmente essere imputati alle uscite indicate nel Bilancio, a loro volta limitate – ahimè - dal Patto di Stabilità.
Nessuno studio econometrico serio – di cui si poteva incaricare ogni Facoltà di Economia, a cominciare dalla nostra – prevede uno sviluppo del turismo: i venti di guerra soffiano in direzione contraria.
Sarà dunque vano ricercare dei malconsigliati che investano nei nuovi alberghi, e i ristoranti saranno ridotti a praticare il cannibalismo: non già nel senso che serviranno ai clienti carne umana, ma nel senso che lotteranno per sopravvivere.
Mors tua, vita mea: questo è lo augurio che si scambiano Tacca e Braccioforte, novelli Esau e Giacobbe in lotta nel seno della madre.
Per giunta, il mancato arrivo dei fondi del PNR obbligherà a chiudere i cantieri, lasciando a mezzo i lavori, e il denaro già speso risulterà completamente sprecato.
Nessun candidato della opposizione, tuttavia, osa dirlo, come se tutti costoro temessero di rovinare una festa.
Ciò significa che non vi è un solo Consigliere di Minoranza capace di leggere il Bilancio, oppure che la Opposizione è tanto farlocca quanto le opere faraoniche vantante dalla Maggioranza.
Fin qui, il mancato uso degli argomenti disponibili.
Rimane da valutare la rete di rapporti esterni delle varie parti in contesa.
La Federazione Democratica è ormai virtualmente commissariata, ma chi intendeva patteggiare con il Bassotto in vista di un secondo turno – non sappiamo quanto probabile – lo fa fin da ora, nobilitando (?) tale scelta con il pretesto del campanilismo, opposto alla ingerenza romana (o più probabilmente genovese) nelle nostre faccende.
Quando però venne Ledda per defenestrare Dulbecco, malgrado costui fosse stato eletto regolarmente alla Segreteria Provinciale, non protestò nessuno: segno che il Nazionale ed il Regionale fanno bene se appoggiano il Partito Trasversale, e fanno male se lo contrastano.
Della campagna elettorale democratica, già si è detto.
Rimane da vedere se il Partito possa essere ricostruito.
Mancano, per questo, le risorse umane.
Una parte trasmigra – attratta a colpi di consulenze – verso la parte opposta, ma anche i pochi disposti a sostenere Bracco si guardano bene dal criticare la attuale Amministrazione.
Sul fronte dei Fratelli della Meloni, si registra la clamorosa degradazione del Generale Zarbano, decisa sul campo da La Russa.
Il Generale è corso a Roma, nella vana speranza di ottenere la revoca di cotanta vergogna.
I suoi Fratelli, intanto, riconfluiscono nel seguito del Bassotto: unica consolazione, la possibilità di mantenere la loro bandiera.
Del Presidente del Senato ignoriamo se abbia prestato il servizio militare nella truppa, nel qual caso può trattarsi al massimo di un Sergente Maggiore; ovvero se si sia arruolato tra gli Ufficiali di Complemento, raggiungendo il rango di Sottotenente.
Quanto avvenuto costituisce comunque un precedente inedito nella storia delle Forze Armate.
Sul piano politico, risulta chiaro che la Meloni ha fretta di arruolare i Bassotti, in veste di mercenari, nelle sue schiere.
La Sorella di Italia poteva scegliere tra due strade per edificare la propria democratura: una consisteva nel rafforzare i principi su cui tale regime dovrebbe fondarsi, selezionando i seguaci in base appunto ad un criterio ideologico, ma evidentemente ha preferito assoldare – come si suole dire – cani e porci, purché disposti ad ogni evenienza.
Ciò può significare che la Presidente del Consiglio – pur di raggiungere i propri obiettivi – è pronta ad imboccare la scorciatoia di un conflitto civile.
Scajola potrebbe dunque assumere il ruolo di Prigozin.
Il quale schiera la Wagner nel Donbass, ma esige in cambio da Putin un prezzo molto salato.
Questo oligarca era in origine il ristoratore preferito dal Presidente, poi si è dedicato ad un diverso business.
Il nostro amico Braccioforte potrebbe seguire il suo esempio, costituendo una Brigata Internazionale, composta dai suoi collaboratori albanesi e bengalesi, da schierare – insieme con i Bassotti - a fianco della Meloni.