Illustre Signor Generale, Noi siam nati chissà quando e chissà dove, allevati dalla Pubblica Carità, senza padre, senza madre, senza un nome, noi viviamo come uccelli in libertà; ma se troviam qualcuno che ci sappia comandare, figli di nessuno, sopra i monti noi andiam. Le parole di questo inno partigiano mi riecheggiavano nella mente ieri, dopo avere visitato il Suo Quartiere: detto appunto pomposamente Generale, benché vi si trovassero di piantone soltanto due poveri Appuntati. Questi superstiti seguaci della Sua causa facevano precisamente la figura dei figli di nessuno. La domenica primaverile, in contrasto con il clima cupo che regnava nel covo, pareva tuttavia invitare ad un umore ben diverso. Josef Roth avrebbe detto che era una di quelle domeniche di primavera in cui a Vienna si esibisce la locale Società di Salvamento: la quale – usando un apposito sistema di funi – si dedica a ripescare quanti cadono, per tentato suicidio o per disgrazia, nel Danubio. Nella Sua sede ho invece trovato due addetti ai lavori forzati, costretti – come tutti i disgraziati nella loro situazione – ad un lavoro ripetitivo e poco gratificante. Dante avrebbe parlato di un contrappasso, che colpisce in questo caso i vanitosi. I quali si erano illusi di rappresentare nientemeno che la Destra. Si dà però il caso che il diabolico La Russa non si sia limitato ad infliggerle una vergognosa degradazione sul campo, ma abbia voluto aggravarla estorcendoLe per sovraccarico una rinunzia alla rappresentanza della Sua parte politica. Ecco dunque spiegato per quale motivo i due malcapitati – un maschietto ed una femminuccia, come si sarebbe detto nelle Elementari di un tempo – dovevano sovrapporre una nuova etichetta a quella già apposta sui cosiddetti santini, che La qualificava come appartenente al Centro – Destra. Questo penosissimo lavoro – che ricorda tristemente la cosiddetta norma, inflitta ai deportati nelle miniere della Siberia, rivela in chi lo ha commissionato - mi scusi la franchezza - scarso rispetto di sé stesso. Thomas Mann, quando Hitler lo privò della cittadinanza, interdicendogli il ritorno in patria, rispose che la Germania si trovava dove era lui. Mi scusi, Illustre Signor Generale, ma se io mi fossi trovato al Suo posto avrei risposto a La Russa che la Destra si trova dove è Lei, mentre invece si è comportato come un concessionario cui la sede centrale della Ditta ha tolto la esclusiva, e dunque si affretta a cambiare la insegna sulla porta del suo esercizio. Di qui deriva il paragone tra i Suoi collaboratori ed i figli di nessuno. I quali, però, non hanno trovato nella fattispecie chi li sappia comandare. Eppure, tale attitudine figura in testa alle Note di Qualifica di ogni Ufficiale. Sarei curioso di leggere le Sue. Vede, Illustre Signor Generale, le guerre – chi ha avuto la disgrazia di farle lo ha imparato a sue spese – sono delle sciagure, ma almeno insegnano ad assumere le proprie responsabilità. Tutti e due siamo capitati, nostro malgrado, in quella contro il terrorismo. Nessuno, dunque, ci può vietare di dire ciò che siamo: ogni dialogo comincia con le presentazioni. Ella dissimula la Sua iniziazione allo Ordine Costantiniano di San Giorgio, facendo credere a quanti non sanno di Araldica che si tratta dei Cavalieri del Santo Sepolcro. Ora è costretto a rinnegare anche la appartenenza alla Destra. Nessuna fede costituisce una vergogna, se la si vive con coerenza e con tolleranza. Queste doti mancano al Suo competitore, per chi Ella avrebbe avuto una grande occasione di esibirle, senza vendere la primogenitura in cambio di un piatto di lenticchie. Mi considero onorato di avere presentato la Sua candidatura e ribadisco la mia dichiarazione di voto, ma esprimo il più fermo e radicale dissenso rispetto alla impostazione della campagna elettorale. Pur essendosi spogliato delle insegne della Destra per cederle al Bassotto (povera Destra, misereor super eam!), rimangono comunque alla Sua lista quelle del separatismo ligure. Le quali – per fortuna – non rientrano nella Sua disponibilità, ma nella nostra. E noi – anche ammesso che il Bassotto ce le esiga - non acconsentiamo a cederle. Se Ella non crede più in quello meridionale, o siciliano, è affar suo. Eviti almeno, però, di mandare qualcuno fino a casa mia per accusarmi di viltà (!?) e di incoerenza. Voglio chiudere queste righe con una nota che Ella giudicherà irriverente. Caro Generale, visto che apparteniamo alla stessa generazione, e che ci siamo trovati dalla stessa parte della barricata, permettimi di darti del tu per una volta. Mangia la mela, Luciano, mangia la mela! Oggi stesso. Domani, sarà troppo tardi. Un caro saluto. Mario Castellano