Da quando la Meloni è divenuta Presidente del Consiglio,...
Da quando la Meloni è divenuta Presidente del Consiglio, si è imposta alla attenzione della opinione pubblica la presenza ad Imperia di una famiglia sua omonima.
I cui componenti non hanno tuttavia approfittato della situazione per vantare una asserita parentela con la Sorella di Italia.
I cugini Martino, che per la loro invidia avevano sempre temuto come la peste il peraltro improbabile conferimento della Porpora a Monsignor Castellano, millantano un legame di sangue (del tutto inesistente) con il loro omonimo Cardinale, originario viceversa di Salerno.
I nostri Meloni, imperiesi di adozione ma originari di Carbonia, in Sardegna, sono ben quattro.
Il capostipite fu leggendario Brigadiere dei Netturbini, ed inquadrò questo suo seguito come se si fosse trattato del Corpo di Armata della Nettezza Urbana.
La sua proverbiale durezza nello esercizio del comando gli valse una nomea di malanimo, alimentata peraltro dagli altrettanto storici luogotenenti: i Sappa (cugino del Sindaco), i Bazzoni (anche egli sardo) e i Labozzetta, questo ultimo di origine partenopea.
Il vecchio Meloni non faceva mistero delle sue nostalgie fasciste: il Duce aveva infatti fondato Carbonia, che nel quadro della Autarchia doveva dotare il Paese della autosufficienza energetica.
In realtà, il combustibile fossile era così scadente che bisognava miscelarlo con altro di importazione.
Il maggiore dei Meloni della seconda generazione era insegnante di Lettere a Ventimiglia, ma costui – per reazione allo orientamento del padre – scelse di militare in gruppi della estrema Sinistra, prima di sparire nel nulla.
Da molti anni, infatti, gli stessi familiari non sanno dove sia finito.
Il secondogenito seguì invece un percorso ideologico lungo e sofferto.
Dapprima, costui entrò in Seminario per farsi Sacerdote secolare, esibendosi in un elegantissimo talare nella Sacrestia di San Giovanni Battista.
In seguito, in un empito di laicismo, divenne Repubblicano Storico, quindi Comunista.
A questo punto, iniziò una deriva estremistica che lo condusse a militare in Lotta Continua, e soprattutto a teorizzare gli scontri violenti in occasione delle manifestazioni, nel clima infuocato degli Anni Settanta.
Egli si recava infatti ai cortei – come era allora costume – munito di casco, di bandiera e soprattutto di un robusto bastone, impiegato a mo´ di asta del vessillo.
Quindi, iniziato il cosiddetto Riflusso, si fece buddista, e per sottolineare la radicalità di tale scelta si rapò i capelli a zero, imitando i Bonzi.
Mantenendo la scelta monastica, trasferita però in ambito cattolico, il Meloni entrò nel Noviziato dei Cappuccini di Genova, e la sua inclinazione venne generosamente sostenuta dalla vecchia Lina Boero.
La quale aveva sostituito nel sostegno alle Vocazioni la Maestra Bottino, raccoglitrice indefessa di abbonamenti a Vetta, periodico del Seminario di Albenga.
Le apparizioni in Sacrestia ripresero, ma questa volta indossando il saio francescano.
Ora il Nostro è ospite del Convento del Righi, dove – dato il numero dei Confratelli (e date le loro esigenze alimentari), è stata assunta una cuoca professionista: si dice di altissimo livello, al punto che questo Cenobio merita le fatidiche Quattro Forchette.
Tra le quali spicca quella impugnata da Padre Meloni, nominato – beato lui – aiuto cuoco: il che ha contribuito alla crescita spropositata della sua pancia.
Visitando periodicamente Imperia, egli indossa però - non sappiamo per quale motivo – abiti non religiosi.
Rimane tra noi lo ultimogenito, noto per la sua vertiginosa bassezza, tale che al suo confronto il Sindaco fa la figura di un gigante.
Costui si è specializzato in liti automobilistiche, scegliendo un mestiere doppiamente pericoloso: sia in quanto si può rimanere vittima di un incidente, sia perché simili dispute finiscono sovente in scontri al cacciavite.
Il suo ambito di azione sono i passaggi pedonali circostanti piazza Dante.
Il Meloni attende, per attraversare la strada, lo approssimarsi di qualche autoveicolo.
Quando la macchina è vicina, si accinge a passare.
Se però il conducente – come è logico – arresta la marcia in prossimità delle cosiddette zebre, egli si ferma in mezzo alla strada e comincia ad investirlo di insulti, gridati a squarciagola.
Una volta, un autista di un TIR scese dal veicolo e si accinse a suonargliele di santa ragione, essendone dissuaso dal provvidenziale intervento di un edicolante.
Le cui giornate sono scandite dalle liti del Meloni.
I Vigili Urbani e gli Agenti della Mobile lo hanno ripetutamente invano ammonito, ricordandogli che gli automobilisti sono tenuti soltanto a fermarsi prima delle strisce, non importa a quale distanza.
Meloni, però, dimostrando la ostinazione tipica della sua gente, ripete quotidianamente le sue esibizioni.
Di cui si insinua che siano finanziate dalla Azienda di Soggiorno, o – secondo altre fonti - dalla Presidenza della Regione Sardegna, quale forma di sostegno alle sue rivendicazioni nei confronti del Continente.
Il Nostro agisce dunque nel nome della causa indipendentista, seminando il terrore tra i Continentali.

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Mario Castellano  9/5/2023
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