Ci fa grande piacere – ed è anche molto significativo - che la prima risposta al nostro appello, rivolto a tutti i movimenti autonomisti ed indipendentisti attivi nello ambito dello Stato italiano, sia venuto dal Piemonte, e più in particolare dal Cuneese....
Quando si chiede aiuto, ci si attende che i primi ad accorrere siano i vicini: sia in quanto è logico che essi siano anche degli amici, sia perché si è legati da interessi, ed a volte anche da aspirazioni comuni.
Nizza, Cuneo ed Imperia – sia pure in tempi molto remoti – hanno composto una unità statuale comune: la Contea di Tenda, emersa dal disfacimento del Regno – o feudo – di Arduino di Ivrea, nel corso dei primissimi secoli, detti anche i Secoli Bui, del Medio Evo.
Il Carducci, riecheggiando una storiografia fantasiosa, prodotto a sua volta dei miti romantici, vide nel Re Arduino addirittura un anticipatore della Unità Italiana.
È indubbio che a noi convenga una interpretazione diametralmente opposta della sua figura, peraltro indecifrabile a causa della scarsità delle fonti storiche, ma è appunto questa diversa visione la più fondata e corretta.
Arduino estese alla zona alpina del Piemonte la tendenza a costituire i cosiddetti Regni Barbarici, cioè le prime aggregazioni statuali, che si diffondevano ad Ovest e a Nord della Alpi, coniugando le identità dei popoli germanici, recentemente insediati nei vecchi confini dello Impero Romano, con la religione cristiana.
Alla quale queste genti si erano convertite, iniziando così il loro processo di contaminazione con la civiltà classica.
La mitica Duchessa di Tenda si sarebbe più tardi impossessata di una parte, quella collocata tra le Alpi Marittime e la costa mediterranea, del dominio arduinico.
La eredità della Contea di Tenda si sarebbe poi trasferita – nello ambito dello accrescimento dei domini sabaudi – alla Contea di Nizza.
Questa Cittá, sorta dove convergono le nostre valli, come se anche la geografia fisica designasse il suo il suo ruolo naturale di Capoluogo, ed anzi di Capitale, unisce nella propria identità – tipicamente di transizione – molte componenti diverse: se il primo riferimento statuale e dinastico è piemontese, la lingua regionale e viceversa ligure, ma collocata sul confine – che corrisponde a quello politico, posto sul Varo – con la grande Regione Occitana.
Il cui idioma si estende alle Valli Alpine del Cuneese e – sul versante opposto - del Dipartimento delle Alpi Marittime.
Poi è arrivata la Francia, ultima in ordine di tempo ma preponderante nel conferire alla Cittá una vocazione economica, facendo adottare la propria lingua come idioma tanto ufficiale quanto commerciale.
Che ha tuttavia continuato a convivere – soprattutto grazie alla immigrazione - con quello italiano.
Che cosa porterà alla nostra zona – vorremmo dire alla nostra comunità umana e territoriale – il processo, che già si annunzia, di superamento degli Stati nazionali europei occidentali?
Questa tendenza determinerà il riconoscimento sul piano giuridico - questo auspichiamo ed insieme prevediamo - della nostra identità di transizione.
Né annessione alla Francia di chi sta da questo lato del confine, né ritorno ad una italianità fittizia, frutto delle imposture del Fascismo, di Nizza.
Ricostituzione, piuttosto, della sua Contea negli antichi confini, formando un luogo di incontro tra tutte le genti del Mediterraneo: ed anche di quanti lo scelsero – agli albori del turismo – come luogo in cui incontrare il suo clima.
Pensiamo alla Regina Vittoria, madre provvida della Costa Azzurra, ed alla Imperatrice Maria di Russia, che fu tale per Sanremo.
Nico Orengo, che con Angelo Biamonti fu il migliore nostro scrittore della più recente generazione, alternava non a caso la lingua russa con la lingua italiana.
Abbiamo lasciato per ultimo il riferimento - quanto mai grato e doveroso – al caro amico Gremmo, che ha raccolto per primo il nostro appello, lanciato ormai alla vigilia del voto amministrativo.
Gremmo è un patriota piemontese, ed insieme un patriota europeo: come tutti i grandi autonomisti, da Jordi Pujol a Sylvius Magnago.
Il loro sogno è quello della Europa della Patrie, intese però come Patrie regionali.
Solo il Continente unito può riparare – nella visione propria di questi uomini – la ingiustizia delle Patrie negate e delle Lingue Tagliate, perpetrata dagli Stati nazionali.
Colpevoli di fare appunto della Nazione una ideologia totalitaria.
Ecco dunque che la rivendicazione regionalista si configura come una lotta di liberazione, una lotta per la giustizia.
Intesa anche come giustizia sociale – pensiamo allo appello di Carlo Marx ai popoli oppressi! - in quanto comprende il riscatto delle nostre risorse.
Presto il nostro amico Gremmo verrà a trovarci, per presentare i suoi libri più recenti.
Sarà una occasione per meditare insieme su di un passato comune, in cui è la radice di un futuro condiviso.

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Mario Castellano  16/5/2023
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