Se si vuole tracciare un bilancio finale di questa tornata elettorale imperiese ...
Se si vuole tracciare un bilancio finale di questa tornata elettorale imperiese, occorre risalire – non certo per fini di polemica personale – alle vicende della campagna che la ha preceduta.
Noi siamo stati contattati – sempre per interposta persona – da due candidati della Opposizione: per la precisione, il Generale Zarbano e lo Ispettore Bracco.
Il primo ci ha fatto conoscere il desiderio di incontrarci, cui volentieri abbiamo accondisceso, ritenendoci onorati di conoscere un Alto Ufficiale, e considerando comunque doveroso recare il miglior contributo possibile alla vicenda civile di Imperia.
Dopo averci fissato un appuntamento, il Generale lo ha però disdetto.
Gli abbiamo comunicato il nostro rammarico, dichiarandoci però sempre disponibili qualora fosse sopravvenuto un ripensamento.
Questo è infatti accaduto, ma ci è stato comunicato che il nostro abboccamento doveva essere preceduto da una previa valutazione, affidata ad un noto Dirigente locale dei Fratelli della Meloni.
Abbiamo cortesemente ma fermamente rifiutato tale condizione, ritenendola ingiustificata ed umiliante.
Non eravamo infatti noi a chiedere di incontrare il Candidato: avveniva anzi lo esatto contrario.
Finalmente, venne fissato un terzo appuntamento, cui ci venne ingiunto di presentarci in abito formale.
Adempiuta questa nuova condizione, che comunque sempre rispettiamo quando ci rechiamo al cospetto di una Autorità, fummo finalmente ricevuti dal Generale, il quale tuttavia si scusò per essere in abito informale.
A noi, comunque, importava la sostanza: potemmo dunque interloquire a lungo e cordialmente, dando in seguito relazione ai nostri lettori del contenuto della conversazione.
A questo punto, lo stesso intermediario ci disse che anche lo Ispettore Bracco desiderava incontraci: applicando rigorosamente la par condicio, ci recammo puntualmente nel luogo e nel momento indicato.
Non avendo scorto il Candidato, dicemmo semplicemente: Non lo vedo.
Lo intermediario, a questo punto, ci rimproverò aspramente ad alta voce per avere profferito tale espressione – a suo dire gravemente ingiuriosa, attribuendola per giunta ad una nostra asserita malattia mentale.
A parte il fatto che questo Signore non è uno Psichiatra, se chiunque dica: Non lo vedo è un malato di mente, siamo tutti quanti degli psicopatici.
Aggiungiamo che molti anni or sono certi esponenti della Destra ci avevano qualificati come tali, per cui decidemmo di sottoporci volontariamente a perizia.
Che diede esito completamente negativo.
Il Primario di Psichiatria del locale Ospedale Civile ci confidò che analoga richiesta gli era pervenuta tanto dalla Questura quanto dal Comando Provinciale della Benemerita affinché esaminasse alcuni Agenti e Militi.
Naturalmente, in osservanza del Segreto Professionale, non ci venne comunicato quale fosse stato lo esito di tale esame clinico.
Sappiamo però che alcuni periziati vennero indotti alle dimissioni o al congedo.
dopo il mancato incontro con lo Ispettore Bracco, venimmo anche minacciati di querela per ingiurie, o addirittura di denunzia per Vilipendio di Pubblico Ufficiale.
Neanche il più ottuso dei cosiddetti Scelbotti sarebbe arrivato a tanto.
In seguito, comunque, lo Ispettore rifiutò di conferire con noi, invitandoci a lasciare il nostro telefono: perché, dunque, ci aveva convocati?
Se comunque il dottor Bracco si considera offeso – sia pure del tutto involontariamente - saremo ben lieti di chiarire personalmente il malinteso.
Abbiamo tuttavia il diritto di esprimere le nostre valutazioni su quanto accaduto.
Per quanto riguarda il Generale, il suo comportamento ondivago si spiega probabilmente con fatto che alcuni dei suoi occasionali collaboratori – componenti un’autentica Corte dei Miracoli - gli hanno suggerito di incontrarci, altri di farci incontrare con una terza persona, ed altri infine di non incontrarci affatto.
In tal caso, bastava che non ci cercasse.
Una volta però formulato il suo invito il Nostro è stato preso probabilmente da un dubbio analogo a quello di Nanni Moretti, il quale si domandava: Mi si nota di più se ci vado o se non ci vado?
Essere candidato non è però la stessa cosa che agire in qualità di Comandante di un Corpo – particolarmente prestigioso – cui sono attribuite funzioni di Polizia Giudiziaria.
Anche in questo caso, però, a volte ci si deve intrattenere – per dovere di ufficio – con persone poco raccomandabili.
Noi, evidentemente, siamo considerati tali: anche se, quando abbiamo conferito con il Generale, gli abbiamo esposto con abbondanza di dettagli in quali circostanze avevamo fornito la nostra doverosa collaborazione ai suoi colleghi, invitandolo a cercare un riscontro presso di loro.
Compiendo in tal modo – in circostanze pericolose e difficili - il nostro dovere di cittadini leali, ma anche offrendo la prova che siamo persone per bene.
Nessun danno può dunque derivare alla reputazione ed al prestigio di un Ufficiale dal fatto di essere visti in nostra compagnia.
Un candidato, peraltro, deve parlare assolutamente con tutti: tanto più quando egli stesso propone un incontro.
Quanto alla persona che ci ha insultato, le ricordiamo soltanto che evidentemente non eravamo pazzi quando si trattava di garantire le sue obbligazioni.
Ciò premesso, vale la pena soffermarsi su come i due candidati perdenti hanno reagito al risultato elettorale.
Bracco ha minacciato il Sindaco di denunzia.
Se egli è a conoscenza di reati che il Primo Cittadino abbia commesso, in qualità di Ufficiale di Polizia Giudiziaria è tenuto ad inoltrare il relativo Rapporto alla Magistratura Inquirente, e per giunta in tanto risulta credibile in quanto annunzi tale adempimento soltanto dopo averlo compiuto.
Riteniamo tuttavia più corretto non mescolare i due piani su cui egli agisce: quello della Funzione Pubblica e quello della attività svolta uti civis.
Per quanto riguarda Zarbano, una terza persona ci ha proposto – in modo a dire il vero molto insistente ed ineducato – di sottoscrivere un esposto in cui si sarebbe affermata la incompatibilità del Sindaco con il suo incarico.
Ritenendo manifestamente infondata – dal punto di vista del Diritto Amministrativo – tale asserzione, abbiamo cortesemente ma fermamente rifiutato.
Se infatti divulgassimo un plateale errore scientifico, perderemmo tutto il prestigio acquisito in lunghi anni di Magistero in un Paese straniero, nelle condizioni materiali e professionali più difficili.
Riteniamo anzi – e denunziamo – di essere stati vittime di una autentica provocazione, che sempre consiste nello indurre una persona ad un comportamento scorretto: anche se – nel nostro caso – non illegale.
Un noto e stimato professionista, avvicinato dalla stessa persona che si è rivolta a noi, le ha opposto lo stesso nostro rifiuto per identiche motivazioni, cui è tuttavia pervenuto in base ad una propria valutazione.
a questo punto, ci è stata annunziata la asserita intenzione del Generale di sollevare egli stesso la questione in sede di Conferenza – Stampa.
Egli ha naturalmente il pieno diritto di farlo.
Ove ciò avvenisse, entrambi i candidati perdenti risulterebbero tuttavia accomunati dalla tentazione di prendere una scorciatoia, consistente nel tentare di rovesciare il risultato elettorale per via, giudiziaria: in sede di contenzioso penale, ovvero in sede di contenzioso amministrativo.
Anche ammesso che ci riescano, in questo modo essi non ci avvicinerebbero neanche di un palmo alla soluzione del problema politico posto dal loro deludente risultato.
Nel tempo di Tangentopoli, la Sinistra commise lo sbaglio madornale di credere possibile una rivoluzione per via giudiziaria.
Iniziandola, per giunta, dalla Amministrazione Comunale di Milano, in cui sedevano insieme i Socialisti ed i Comunisti.
I quali, evidentemente, non si erano accorti di che cosa combinavano i loro alleati.
Neanche i Compagni Democratici che hanno accettato incarichi dal Sindaco – Presidente si sono però avveduti dei reati per cui lo Ispettore Bracco intende denunziarli.
O egli è dunque un investigatore eccezionale, o i suoi sostenitori sono degli sprovveduti, o addirittura dei complici.
se non sul piano penale, quanto meno sul piano politico.
Dopo Tangentopoli venne Berlusconi, e ripiombammo in una situazione peggiore della precedente.
Il compito della Politica non consiste nello scoprire e condannare i corrotti.
A questo provvede la Magistratura.
Il compito della Politica (usiamo dio proposito la iniziale maiuscola) nemmeno consiste nel realizzare la Giustizia assoluta in questo mondo – nessuna Rivoluzione ci è riuscita – bensì nel ridurre quelli che in termine scientifico si chiamano i meccanismi criminogeni.
Laddove esiste una forte tensione ideale, laddove si realizza una mobilitazione civile, le possibilità di cadere nella corruzione si restringono.
Né De Gasperi, né Togliatti, né Nenni furono dei ladri.
Fu invece tale Craxi, ma nel frattempo qualcuno aveva idealizzato il Compromesso: presentandolo come la panacea di tutti i mali del nostro Paese.
Un vecchio compagno scettico obiettò una volta: Che cosa vuole dire che una donna è compromessa?
Così perdemmo una generazione.
Bracco e Zarbano credono – o vogliono farci credere – che il Bassotto è causa ed origine della corruzione.
Noi, avendolo sempre criticato, possiamo invece affermare che ne è la conseguenza.
Eliminarlo vuole dunque dire applicare alla malattia una cura sintomatica.
La Destra di Zarbano ha rinunziato ad innalzare la bandiera della Tradizione, come la Sinistra di Bracco ha rinunziato ad innalzare quella della Libertà e della Giustizia.
Pensino dunque entrambi a dare una ragione, una speranza, una prospettiva ai loro seguaci, ritornino – se ne sono capaci – a fare cultura.
Se invece la loro vocazione consiste – come è logico pensare, data la professione che hanno scelto - nel rincorrere i ladri, si rimettano la Divisa, e lascino stare le candidature.
Non abbiamo bisogno di propagandisti, ma di Maestri; non abbiamo bisogno di politicanti di complemento, ma di statisti.

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Mario Castellano  23/5/2023
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