Cominciamo a redigere questo scritto commentando il risultato di Ventimiglia ...
Cominciamo a redigere questo scritto commentando il risultato di Ventimiglia, città che reca scritto sul suo stemma il detto dello storico romano: Civitas ad arma ruit. Per una sorta di nemesi storica, la Cittá corre oggi alle armi, tra uno sventolio di bandiere degno del Palio di Siena, per festeggiare la vittoria di un personaggio da fescennino, una Sorta di Meloni da strapaese che con la Presidente del Consiglio condivide tanto gli studi (si fa per dire) presso lo Istituto Alberghiero quanto il rifiuto di prestare servizio negli hotel, fossero anche i più lussuosi e rinomati. Entrambi scelsero dunque il cammino impervio del funzionariato di Partito, essendo stato chiamato il ventimigliese a cooperare nella Segreteria Particolare di Edoardo Rixi, che in quel tempo contendeva la leadership della Lega in Liguria a Sonia Viale, seconda Regina di Bordighera dopo Margherita di Savoia. Potendo contare su cotanto alleato nella vicina Cittá di confine, il genovese finì per prevalere sulla rivale, malgrado costei godesse del sostegno di un autentico Pezzo da Novanta nella persona di Giacomo Cichero, Ras di Arma di Taggia e capo dei separatisti più irriducibili. Ora De Muro è il Primo Cittadino di un centro urbano dedito ai commerci frontalieri, in particolare le scarpe ed i liquori, e il suo personaggio ben si attaglia ad un siffatto immondo mercuriale. Le bandiere destrorse sventolano però in ogni dove, dalle Alpi al Lilibeo, segnando il rigurgito di quanti di più becero alberga nelle plebi italiche. Era dal tempo della Marcia su Roma che non si vedeva un simile sabba di volgarità, di revanscismi e di risentimenti. Lungi da noi ogni atteggiamento snobistico da Gauche Caviar o da Radical Chic, avendo anzi faticato per liberarci da ogni plebeismo, ma constatiamo amaramente come la lotta contro la Cultura di Sinistra (o più precisamente de Sinistra, avendo tra i suoi protagonisti personaggi quali i redattori della Rai e de La Repubblica) si stia trasformando in avversione alla Cultura tout court. Simboleggiata a suo tempo dai roghi dei libri, ma anche da una pulsione verso il thanatos, espressa dal culto fascistico della Bella Morte (preferibilmente degli altri). Per cui non rimane che cercare un rifugio agreste, presso ville, abbazie o più modeste case di campagna. Come abbiamo già fatto anche noi. Perfino il Sindaco di Imperia, pur disposto ad ingaglioffarsi come faceva il Machiavelli nella osteria di San Casciano in Val di Pesa, di cui il nostro Primo Cittadino ha trovato un degno equivalente presso la Piscina Cascione, fugge appena può nella solitudine di Villa Nina; ove afferma di coltivare di preferenza gli asparagi, pianta decisamente più aristocratica delle rape. Romano Prodi ha preso a sua volta la via di Gerusalemme: ove risiede a Bologna, precisamente al civico numero 9. Dal vecchio e saggio Professore ci giunge un ammonimento, diffuso perfino sui telefonini: il Governo Pigliatutto (così lo definisce) ci fa cadere nello autoritarismo. Noi denunziamo da tempo la incombente democratura, per cui un così autorevole avallo di tale tesi ci farebbe piacere. Se non significasse la morte politica della nostra generazione, succeduta a quella che realizzò la Unità Nazionale, a quella che la completò distruggendo gli Imperi, ed a quella che abbatté il Fascismo. Noi avevamo il compito di stabilizzare la democrazia. Negli ottanta anni trascorsi dal Venticinque Luglio, non ci siamo riusciti, ed anzi abbiamo dilapidato quanto ereditato da chi ci avevano preceduto. Cui attribuiamo il torto di avere selezionato gli squallidi funzionari di partito incaricato di tenergli bordone. Questa, però, è una attenuante, non una esimente. Viviamo dunque questi giorni letteralmente schiacciati dal peso del nostro fallimento. Fino al punto che lo abbiamo somatizzato. Dulcis in fundo, un Ministro critica Mattarella perché non si è fatto accompagnare da alcun rappresentante del Governo nella sua visita agli alluvionati. Questa presa di posizione ricorda sinistramente le minacce – profferite dai Fascisti – di sbarazzarsi del Re. Il quale abbozzava. Anche Mattarella ha detto che avrebbe gradito la presenza di qualche componente dello Esecutivo. Più appropriato sarebbe stato ricordare come ogni spostamento del Capo dello Stato viene notificato in anticipo al Governo, essendo incaricato il Viminale di disporre la scorta. Prima si è trattato Mattarella da parente povero, rubandogli la scena, e poi lo si è incolpato perché era rimasto solo come il classico cavolo senza acqua. La quale, nella fattispecie, era piovuta in eccesso. Le maleducazioni e le volgarità sono tipiche dei parvenus. Neanche i più pacchiani tra i Ministri democristiani di un tempo erano arrivati a mancare di rispetto al Presidente della Repubblica. Al confronto, perfino De Muro rischia di fare la figura di un gentiluomo.