I grandi giornalisti di un tempo, quando erano inviati dal Direttore in un Paese straniero per riferire ai lettori della situazione politica locale – il che avveniva solitamente in quanto la loro Nazione di origine doveva coltivarvi i propri interessi - iniziavano regolarmente l’articolo con queste parole: “L’autista del taxi che mi ha portato dall’aeroporto fino in albergo ha detto che…”. I taxisti sono in genere bene informati sui pettegolezzi, ma non altrettanto sulla situazione geopolitica. Il giornalista metteva dunque in bocca a costoro tutte le analisi e le indiscrezioni che aveva viceversa raccolto nell’ambiente diplomatico. Manipolandole in funzione degli interessi tutelati dalla propria Ambasciata. I “Missi Dominici” inviati dai Partiti politici in provincia compiono – quando si tratta di orientare le scelte che la riguardano – un’operazione analoga. Più che riferire quanto pensano i dirigenti ed i militanti locali, affinché se ne tenga conto nella Capitale, questi personaggi hanno il compito di far ingoiare delle decisioni prese altrove. A volte, ne deriva una prevaricazione così forte e così manifesta da causare una sconfitta elettorale. Che viene però in molti casi messa nel conto, costituendo una merce di scambio nei negoziati con gli altri Partiti. A volte perfino con dei soggetti stranieri. Nei casi estremi, si ricorre a personaggi – autentici “killer” – che piombano sulle lontane periferie in veste di tutori della disciplina interna. Una volta, essendo scoppiata una bega nel Gruppo Consiliare della Democrazia Cristiana, che in parte non accettava l’imposizione di un candidato a Sindaco scelto addirittura per compiacere i nostri Alleati (si trattava di un profugo dall’Istria, il quale nella sua paranoia vedeva dovunque dei “Comunisti”), arrivò un membro del Collegio Nazionale dei Probiviri, investito della questione. Costui affermava di svolgere tale compito come professione. Si trattava, più probabilmente, di un agente italiano della CIA. Il che gli garantiva un reddito ben più confortevole. I Comunisti tendevano invece a decentrare le Commissioni di Controllo. Quella di Genova – nota per essere tra le più ottuse e sbirresche di tutta l’Italia – era guidata da tale Secondo Pessi. Il quale pretendeva di decidere perfino i matrimoni dei militanti. Costui finì per uscire egli stesso dal Partito, suscitando il dubbio che l’infiltrato – anziché doversi ricercare tra gli sventurati colpiti dalla sua inquisizione – fosse proprio lui. L’eterogenesi dei fini si produce sovente laddove prevalgono i metodi polizieschi e spionistici. L’Onorevole Cattanei era considerato in Liguria il “Delfino” di Taviani. Più brillante e colto del suo Capo, meno spigoloso nell’esercitare il controllo sul Partito, l’Uomo aveva tutti i numeri per raccogliere una eredità politica enorme. Che avrebbe saputo gestire meglio dell’Uomo di Bavari qualora gli fosse effettivamente pervenuta. La Destra Democristiana voleva però sostituirlo nella “leadership” con il giovane e rampante Manfredi. I dirigenti dei Partigiani “Banchi” – che manovravano la Federazione Italiana Volontari ella Libertà, ma soprattutto rappresentavano nella nostra Provincia la “Gladio” – furono incaricati di svolgere questa operazione. La dotazione loro conferita dagli amici di oltre Oceano a tale scopo ammontava a settanta milioni di Lire. Che vennero consegnati pubblicamente in contanti all’ingenuo Cattanei, formalmente come contributo alla sua campagna elettorale, in realtà in cambio dell’impegno a non cercare più voti nel Ponente, mentre il suo rivale ne assumeva uno reciproco a Genova. Cattanei stette ai patti, Manfredi li infranse, e arrivò primo nelle preferenze in Liguria. L’eredità politica di Taviani saltò così una generazione, finendo nelle mani dei “Bassotti”. La somma di denaro elargita dalla CIA era destinata naturalmente a “combattere il Comunismo”. Essa finì invece per favorire ad Imperia l’influenza dei Servizi Segreti di Tito, che poterono avvalersi dell’interfaccia costituito dall’importazione della selvaggina. Quando le Botteghe Oscure ritennero che il malcapitato Onorevole Dulbecco fosse troppo eterodosso – lo provava la pubblicazione di un manifesto in cui si esprimeva soddisfazione per l’ammissione della Cina nelle Nazioni Unite – ne venne pronunziata la destituzione. Consumata, per sua maggiore ignominia, mediante l’indizione di un Congresso Provinciale. Guarda caso, venne mandato a presiederlo un sardo, tale Ledda, in seguito prematuramente scomparso. I commercianti di selvaggina fecero così lo “en plein”, controllando tanto la Democrazia Cristiana quanto il Partito Comunista. Questa storia spiega perché molti candidati a “Governatori” o a Sindaci – valgano per tutti gli esempi della Todde in Sardegna e di Possamai a Vicenza - chiedono alla Schlein di non farsi viva in campagna elettorale. E vincono regolarmente, anche grazie a questa scelta sagace. Se è vero che la Segretaria rispetta le scelte compiute in sede locale – né si vede come un Partito per fortuna ormai inesistente quale apparato burocratico potrebbe ragionevolmente metterle in discussione – è comunque sempre meglio sottolineare che ogni realtà locale ha il sacrosanto diritto di candidare chi vuole. Il Partito Democratico – inteso come apparato – è ormai peraltro un Partito regionale. La Schlein viene dall’estero, ma passando per l’Emilia, mentre Bonaccini è di Modena. Questa Regione monopolizza dunque la dirigenza nazionale. Alla Festa dell’Unità di Reggio, il “Governatore” ha chiesto ed ottenuto una ovazione in onore di colei che gli ha soffiato il posto di Segretario. Il tutto in un clima da “Battiam, battiam le mani, evviva il Direttor” che ricorda le Scuole Elementari di una volta, con la loro ipocrita esibizione di buoni sentimenti. Gli Emiliani hanno saputo costruire un sistema di potere che si è rivelato – grazie alla cultura di Governo ed al radicamento sociale – più solido di quello proprio delle Socialdemocrazie della Scandinavia. Le quali sono state viceversa spiazzate dal populismo di Destra. L’eredità di Camillo Prampolini, basata su di una tradizione ben più antica, risalente a Matilde di Canossa ed ai Liberi Comuni, si è dimostrata più duratura. Costituendo indubbiamente una risorsa per la democrazia italiana. Questo modello, però, non è esportabile. In particolare, non è esportabile in Liguria, dove l’individualismo guelfo prevale sullo spirito comunitario proprio dei Ghibellini tosco – emiliani. Quando da Bologna ci fu spedito un “gauleiter” – erano gli anni immediatamente successivi al fatidico Quindici Giugno – sotto mentire spoglie di “assicuratore”, costui fallì clamorosamente. Anziché connettersi con chi tentava faticosamente di promuovere la Revisione – che invece veniva già compiuta dalle sue parti – questo personaggio favorì quanti le si opponevano più strenuamente. Dal momento che componevano il “Sistema Imperia”. Oggi è arrivata l’ora in cui finalmente si mette mano alla sua demolizione. Inevitabile corollario della demolizione del “Sistema Liguria”. Ieri sono arrivati i rappresentanti di Orlando. Noi ci dedichiamo normalmente all’analisi, ma per una volta ci permettiamo un piccolo “scoop”. Questi inviati hanno incoraggiato chi è disposto, in sede locale, ad assecondare l’indirizzo espresso dal Candidato. Noi faremo tutto quanto in nostro potere affinché vinca, ma Orlando – a prescindere dall’esito delle Regionali – ha già prevalso nella battaglia interna al Partito, mettendo fine al “trasversalismo”. Che risaliva al 1965, anche se aveva assunto il pieno controllo della nostra Provincia nel 1975. Grazie all’Onorevole Natta ed a chi - a vario titolo – si relazionava con lui: mezzo secolo speso per far capire che la democrazia si basa sull’alternanza e sull’alternativa. Meglio tardi che mai: dovevano passare, per riuscirci, ben due generazioni. Una volta, ci capitò a Roma di entrare nel Santuario del Nazareno. Popolato da avvenenti ed eleganti Signore, di cui le malelingue insinuano legami intimi con i Dirigenti. Giunti al cospetto del responsabile del “Territorio” (!), tale Tramontana - il quale, a dispetto del nome, evocativo del “Vento del Nord”, è un Quirite – ci sentimmo domandare per prima cosa in quale Regione fosse situata Imperia. L’uomo era evidentemente assurto alla sua carica essendo – dato il suo sesso maschile - un raccomandato. Meglio però trovarsi alle prese con un soggetto simile piuttosto che dover fare i conti con chi veniva un tempo a dettare legge da fuori. La Liguria ed Imperia vogliono liberarsi da “sistemi” prodotti certamente dalla corruzione locale – lungi da noi la tentazione di scaricare su altri la responsabilità per la situazione in cui ci siamo cacciati – ma anche assecondati da chi nella Capitale voleva mantenerci in uno stato di sottomissione. Democrazia e Autonomia sono due parole che fanno rima. Rappresentano, anzi, le due facce della stessa moneta.