Il settore tradizionalista della Chiesa Cattolica sta esprimendo...
Il settore tradizionalista della Chiesa Cattolica sta esprimendo, soprattutto mediante la sua rete radiofonica di riferimento, due posizioni. Una è costituita dall’adesione non tanto alla candidatura di Trump quanto piuttosto alla cultura di cui tale postulazione costituisce l’espressione politica. Una cultura che include trasversalmente settori tanto cattolici quanto evangelici degli Stati Uniti. Lo prova il fatto che l’allora Presidente aveva incaricato “Steve” Bannon, suo intimo collaboratore, di promuovere in Italia addirittura la costituzione una sorta di “Vaticano alternativo”, scegliendo come sua sede l’Abbazia di Trisulti. Della quale l’intraprendente esponente dei “Teocon” statunitensi aveva ottenuto la concessione dallo Stato. In seguito ad un pressante intervento del Cardinale Segretario di Stato sul Governo italiano, la convenzione con l’Università di Bannon - non riconosciuta come Pontificia dalla Santa Sede, ma ugualmente affollata di Insegnanti tradizionalisti, lautamente retribuiti - venne annullata dal Tribunale Amministrativo. Con una sentenza che lascia molti dubbi, dato che l’atto impugnato era di per sé legittimo. L’adesione al “Trumpismo” da parte dei Tradizionalisti nostrani si basa su di una ben precisa lettura della Storia. Secondo la quale il sistema costituzionale vigente negli Stati Uniti discende dal pensiero ispiratore della Rivoluzione Americana, mentre quelli dell’Europa Continentale sono originati dalle idee che avevano animato la Rivoluzione Francese. La quale – secondo i Tradizionalisti – era sfociata in una dittatura della maggioranza, portatrice di una trasgressione ai principi etici su cui era viceversa basato il cosiddetto “Ancien Régime”. Il Principio di Eguaglianza, riflesso nel suffragio universale, ha infatti portato a degenerazioni quali il diritto di aborto. Che in realtà non viene affermato, a onor del vero, in nessun ordinamento giuridico. Quanto si riconosce nelle diverse legislazioni è l’esistenza di circostanze che escludono la punibilità dell’interruzione volontaria della gravidanza. Tali circostanze sono più o meno ampie a seconda di quando viene stabilito nei vari Paesi, ma in alcuni Stati dell’Unione Nordamericana esse non vengono mai prese in considerazione. L’aborto viene di conseguenza comunque sanzionato. La recente discussa Sentenza della Corte Suprema rimette alla discrezione del Parlamento di ciascuno Stato dell’Unione la fissazione dei criteri in base ai quali si esclude la sua punibilità, ed anzi la loro stessa sussistenza. L’anteriore giurisprudenza stabiliva invece che l’aborto non potesse in nessun caso venire considerato un reato, lasciando ai legislatori statali la facoltà di stabilire in quali casi esso fosse depenalizzato. Secondo i Tradizionalisti italiani, la distinzione tra le competenze dell’Unione e quelle degli Stati membri costituisce un benefico riflesso sul sistema costituzionale americano dei contemperamenti al Principio di Eguaglianza, ed a quello conseguente dell’universalità del suffragio popolare, che riguardano l’attribuzione del Potere Legislativo. Affermando così indirettamente il principio – teorizzato da De Maistre e dal pensiero politico proprio della Restaurazione - che si riassume nel motto “Tout pour le peuple, rien par le peuple”. Il popolo deve essere tutelato da soggetti incaricati di affermare certi principi etici se per l’appunto non si vuole che essi vengano negati dalla cosiddetta “dittatura della maggioranza”. Secondo i Tradizionalisti, il sistema costituzionale americano offre questa possibilità. Lo prova il fatto che la presenza in certi Stati dell’Unione di corpi sociali caratterizzati da un particolare orientamento ideologico permette di ispirare la legislazione a certi criteri etici. Riflessi a loro volta nel precetto specifico di determinate confessioni religiose. Si giunge così al confessionalismo. Negli Stati Uniti vi sono però delle realtà in cui esso viene rifiutato, a causa della convivenza di varie religioni e di varie culture, mentre altrove esso è reso possibile da una composizione omogenea della popolazione. Se si procede in questa direzione, diviene impossibile mantenere l’Unione. Come avvenne in occasione della Guerra Civile. Non determinata – qui i Tradizionalisti hanno certamente ragione – dall’emancipazione degli schiavi, bensì dalla piena affermazione del criterio della sovranità popolare, riflesso nella regola “un uomo, un voto”. Cui fa da barriera non solo la competenza legislativa degli Stati in molte materie, ma anche il sistema elettorale adottato per scegliere il Presidente. In base al quale può succedere – come avvenne in favore di Trump contro la Clinton – che “vince chi perde”. La nuova affermazione di Trump – che potrebbe essere dovuta al ripetersi dui questo fenomeno – è auspicabile, in quanto impedirebbe la “dittatura della maggioranza”. Se ciò poi dovesse causare una nuova Secessione, poco male. L’importante è che esista un soggetto titolare della sovranità in cui sia sempre in vigore il principio opposto. Cioè – lo ripetiamo – il “tout pour le peuple, rien par le peuple”. Si è dunque disposti a frammentare non solo l’America, ma anche i diversi Stati Europei. Con il risultato di erigere – tanto per fare un esempio - un confine tra la Milano multiculturale e la Val Bembana, omogenea dal punto di vista etnico e religioso, oppure tra Parigi e la Vandea. Analogamente a quanto può avvenire tra la cosiddetta “Bible Belt” e le due Coste degli Stati Uniti. Dove l’immigrazione ha sconvolto l’equilibrio tradizionale tra le diverse stirpi e le diverse culture. Arriviamo dunque – sia pure per un cammino tortuoso – a ristabilire il “Cuius regio, ejus religio”. Non a caso, negli Stati Uniti qualcuno ha già prudentemente cambiato domicilio. L’altra tendenza che si manifesta nel nostro Tradizionalismo cattolico, mediante convegni, mostre, Associazioni ed abbondante pubblicistica, è quella verso la restaurazione delle Corporazioni. Ispirata – secondo i fautori di questo pensiero politico ed economico – dalla “Rerum Novarum” di Leone XIII. Che vedeva in essa l’antidoto alla lotta di classe. Alla quale finirono tuttavia per partecipare anche gli operai ed i braccianti cattolici, sia pure muniti di propri Sindacati e di proprie Leghe, in seguito combattuti e travolti dal Fascismo. Che si ispirò appunto al Corporativismo, benché in una versione spuria. I Sindacati socialisti e cattolici vennero banditi e sostituiti da quello unico del Regime, che però si limitava a svolgere attività patronale, essendo abolito il diritto di sciperò. La Confindustria non dovette invece confluire nelle Corporazioni. Ora si propone di restaurarle pienamente, obbligando ad aderirvi tanto i padroni quanto gli operai. Come avveniva nel Medio Evo. Il cui rimpianto si trasferisce dalla metapolitica – rappresentata dai romanzi di Tolkien – alla “politique politicienne”. Il che avviene inevitabilmente. Perché un settore sempre più ampio della Chiesa Cattolica compie una scelta tanto radicale, anziché limitarsi a favorire l’adesione della propria Gioventù al settore padronale e di Destra, nelle sue varie articolazioni associative e partitiche? Si svela l’obiettivo della formazione cui si dedicano da tempo molti Ecclesiastici, di grande spessore e di grande prestigio. Lo stesso avveniva sotto il Fascismo, ma allora si preparava una nuova leva di dirigenti cattolici che intendevano aderire allo Stato laico. Vedi il caso degli intellettuali riuniti da Montini in Vaticano, o di Andreotti, adottato spiritualmente da De Gasperi. Oggi si scommette invece su di una catastrofe sociale più grave di quella avvenuta con la Seconda Guerra Mondiale. Che causò la distruzione di uno Stato, ma non di una società. La quale oggi è invece attesa da una crisi tale non solo da determinare una temporanea sospensione della normale dialettica tra Capitale e Lavoro – resa necessaria dall’emergenza – bensì così grave da esigere la demolizione delle loro attuali rappresentanze. Nel futuro che ci attende, non ci sarà dunque posto né per la CGIL, la CISL e la UIL, e nemmeno per la Confindustria, la Confagricoltura e la Confcommercio. Ci dispiace per Enrico Lupi, destinato a rimanere disoccupato. Quanto a Osvaldo “Braccioforte” Martini Tiragallo, dovrà concentrarsi sulla clientela ecclesiastica. Che cosa vede dunque nel futuro la Santa Sede? Le Encicliche “sociali” del Papa si basano sulla necessità dello “sviluppo zero”, che annulla l’espansione dei profitti, e dunque impone di cessare le dispute sulla loro ripartizione. Sia nei singoli Paesi, sia a livello internazionale. C’è però qualcosa di più. Lo scontro delle Civiltà può portare alla fine degli attuali sistemi di rappresentanza. Cioè, dello Stato liberale. La Chiesa si prepara per raccogliere la sua successione.