Chi viaggia sui vagoni della “S.N.C.F.”, cioè delle Ferrovie Francesi, può osservare in ogni piattaforma una mappa del Paese d’Oltralpe che descrive la rete dello “Chemin de Fer”.
Chi viaggia sui vagoni della “S.N.C.F.”, cioè delle Ferrovie Francesi, può osservare in ogni piattaforma una mappa del Paese d’Oltralpe che descrive la rete dello “Chemin de Fer”.
Se si conosce la Geografia, si può constatare come una sola Regione ne sia stata esclusa, o quanto memo venga beneficiata da uno sviluppo delle rotaie molto minore rispetto a tutte le altre.
Si tratta della Vandea.
Se si tiene conto del fatto che lo sviluppo delle ferrovie in Francia avvenne soprattutto dopo il 1870, per impulso della Terza Repubblica, si capisce quanto profondo e persistente fosse ancora il risentimento causato dall’opposizione cruenta opposta dai cosiddetto “Chouans” all’instaurazione della Prima.
Jacques Nobecourt, il grande saggista che in qualità di corrispondente da Rome de “Le Monde” spiegò non soltanto l’Italia ai Francesi, ma anche la Francia agli Italiani, rilevava in ogni occasione come il suo Paese di origine fosse diviso tra una parte orientale “di Sinistra” ed una occidentale “di Destra”.
La quale comprende, insieme con la Vandea, anche tutto il litorale atlantico: che va dalla Normandia, attraverso Bretagna, il Paese della Loira e le Lande fino al Bordolese.
Da cui provenivano non a caso i “Girondini”.
Questa dicotomia non esisteva sotto il cosiddetto “Ancien Régime”, quando tutti i sudditi erano devoti allo stesso Re, ma si produsse a partire dalla Rivoluzione tra chi la accettava e chi viceversa la rifiutava.
La contrapposizione politica si trasferì nel costume, contribuendo a sedimentare con il tempo delle identità diverse.
Le Elezioni Regionali in Emilia ed in Umbria, deludendo nel modo più clamoroso chi contava di realizzare – per il solo fatto di avere conquistato il Governo nazionale – una sorta di “reductio ad unum” dell’Italia, hanno confermato come questo fenomeno riguardi anche il nostro Paese.
Che non si divide – almeno per il momento – solo in quanto nell’Occidente lo Stato non viene tenuto in vita soltanto da uno stesso apparato, ma anche dalla persistenza di interessi comuni.
I quali fino ad oggi prevalgono sulle spinte centrifughe: destinate però ad accentuarsi con la crisi sociale.
Per decenni, abbiamo sentito dire che il Sud aveva bisogno del Nord perché ne riceveva delle sovvenzioni, ma il Nord aveva bisogno del Sud in quanto doveva vendere a qualcuno il proprio prodotto industriale.
Per cui ogni meridionale – nel momento in cui acquistava un’automobile presso il concessionario locale della Fiat - restituiva quanto gli era stato elargito dalla Cassa del Mezzogiorno.
Che cosa succederà quando il Nord non avrà più nulla né da “regalare”, né da vendere?
Per il momento, assistiamo perfino in Germania all’esplosione della rabbia degli operai che restano disoccupati con la chiusura delle grandi fabbriche del cosiddetto “automotive”, nonché dei loro figli.
I quali capiscono come li attenda un futuro senza prospettive di occupazione, e perfino senza prospettive di istruzione.
Non a caso, Torino è stata ancora una volta all’avanguardia delle proteste.
I dimostranti sono andati vicini a penetrare nella stazione di Porta Nuova, dove avrebbero spaccato tutto e bloccato la circolazione dei treni.
È inutile ripetere che non siamo d’accordo con le loro parole d’ordine.
Tanto più in quanto l’autoritarismo del Governo Meloni, la corruzione di una classe dirigente che si dimostra ancora più dedita alla malversazione di quella travolta da “Tangentopoli” ed il disastro sociale non sono colpa di Netanyahu.
Le cause esotiche, però, vengono sempre idealizzate dalle diverse generazioni di rivoltosi, in cerca di un riferimento per i loro ideali.
Possiamo risalire al 1821, quando le insurrezioni motivate dalla richiesta delle Costituzioni si ispirarono a quella dei Greci contro l’Impero turco, iniziata in quell’anno.
Essendo per giunta favorita dalla moda neoclassica in letteratura, nelle arti plastiche e perfino nella moda.
I giovani occidentali vestivano i “pantaloni alla Ypsilanti”, cioè “alla zuava”, indossati per la prima volta anche dalle donne più emancipate.
Quanto conta è che una nuova generazione ha scoperto l’impegno politico, e la sua radicalizzazione non è dovuta soltanto all’età dei protestatari, bensì ad una effettiva condizione di disagio.
Per la prima volta, il movimento degli studenti – che fino all’anno scorso veniva eterodiretto dall’ex Partito Comunista e motivato da scuse ridicole, come il ritardo nell’accensione dei termosifoni negli edifici scolastici - prende alla sprovvista i suoi dirigenti.
I quali vi si accodano, non avendo più nulla da perdere.
Berlinguer contrastò il Sessantotto perché rischiava di ritardare – anziché accelerare – il suo accesso al Governo, e comunque il sistema aveva in quel tempo ben altre risorse per fare opera di corruzione.
La carota essendo costituita non soltanto dalla sistemazione dei figli dei dirigenti – la Marchesina divenne addirittura Direttrice di Rete alla RAI – ma anche da conquiste parziali sul piano legislativo.
Che comunque non poterono sostituire la rinunzia all’alternanza.
Oggi la situazione può sfuggire di mano a tutti, determinando una frammentazione per linee territoriali.
A Genova, l’inseguimento di un automobilista ubriaco da parte dei Vigili Urbani ha avuto per fortuna un esito meno tragico dell’analogo episodio di Milano, dove un egiziano tallonato dai Carabinieri, forse reduce da una rapina, si è schiantato contro un muro.
Il suo emulo genovese è riuscito invece a penetrare nei vicoli, i cui abitanti sono scesi a dargli man forte, mettendo in fuga i “Municipali”.
Qualche tempo fa, i loro colleghi di Milano ebbero la malaugurata idea di multare un furgone dei Cinesi, parcheggiato in terza fila in via Paolo Sarpi.
I sudditi del “Celeste Impero” inscenarono una rivolta, imponendo una sorta di extraterritorialità del loro quartiere.
Ora i Musulmani, potendo annoverare un “martire (?) nelle loro fila, danno man forte ai Cristiani nei tumulti.
La cui prosecuzione è programmata per Venerdì Tredici, data proverbialmente infausta, quando i manifestanti annunziano che “saranno il triplo” rispetto allo scorso Ventinove Novembre.
Se la guerriglia urbana dovesse estendersi a Roma, il Giubileo assumerà una valenza autenticamente ecumenica, vedendo convergere nel casino persone di fede diversa.
In Siria, l’identitarismo è sfociato nell’espansione della zona controllata dai Sunniti, che da Idlib hanno mosso su Aleppo, conquistandola senza colpo ferie.
Non sappiamo ancora se avverrà una “Marcia su Damasco”, con la conseguente caduta del regime di Assad, ovvero il Paese si dividerà tra le varie tendenze dell’Islam, come già avvenuto per lo Yemen.
Israele vede comunque realizzarsi quella frammentazione del Medio Oriente per linee etniche e religiose che costituisce la migliore garanzia per la sua esistenza.
Tale disegno era già espresso nella introduzione de “I Sette Pilastri della Saggezza” di Lawrence d’Arabia, anche se per metterlo in pratica c’è voluto più di un secolo.
Ovunque si impone l’identitarismo.
Anche Imperia – “Si parva magnis componere licet” – si costituisce sempre più come una realtà extraterritoriale.
I nemici dei “Bassotti” erano tutti quanti attaccati ai televisori, in attesa che la annunziata trasmissione di “Report” svelasse le malefatte del Potere locale.
Grande la delusione per la mancata messa in onda del servizio.
Di cui non si conosce la causa, che può consistere in un problema tecnico, ovvero nell’intervento provvidenziale (dal punto di vista del Sindaco) di qualche “Deus ex Machina”: arcani del Potere.
Gli Imperiesi non hanno evidentemente meditato quanto insegna il Manzoni nel Primo Coro dell’Adelchi, e continuano ad illudersi di essere liberati per mano degli stranieri.
“Il premio sperato, promesso a quei forti – scrisse “Don Lisander” - sarebbe, o delusi, rivolger le sorti, di un volgo straniero por fine al patir?”
Con quel che segue.
Sabato scorso, era annunziata una manifestazione destinata, nelle intenzioni dei promotori, a rovesciare i “Bassotti”.
L’inizio sarebbe stato in sordina, dato che l’Opposizione – o almeno il suo settore più barricadiero – contava sull’eterogenesi dei fini.
La rivolta di Ungheria del 1956 era iniziata quasi per caso.
Poiché c’erano stati dei tumulti antirussi in Polonia, Paese del quale i Magiari sono tradizionalmente amici, un gruppo di studenti decise di recare un omaggio floreale al monumento eretto a Budapest in onore di tale Generale Bam, un ungherese che nell’Ottocento aveva combattuto per il Paese vicino.
Si riunì però una grande folla, che in breve rovesciò il regime comunista.
Nella nostra Città, un gruppo di animosi aveva convocato via Internet una fantomatica “Conferenza Stampa”, da celebrare all’aperto (?) in piazza San Giovani.
Tra i promotori faceva spicco un personaggio distintosi per avere assicurato ai dirigenti dell’Opposizione il rovesciamento di Scajola per via giudiziaria, mediante un ricorso volto ad affermare l’ineleggibilità del Sindaco.
Tale istanza venne dapprima indirizzata al Segretario Comunale, il quale non può notoriamente annullare gli atti dell’Amministrazione.
Per cui – con giusta ragione – la dichiarò irricevibile.
Venne investito dunque il Tribunale: che però, tanto in prima quanto in seconda istanza, respinse nel merito il ricorso.
Per un motivo che avevamo pazientemente segnalato ai promotori.
I quali – sia detto per inciso – insistettero ciò malgrado in modo molto ineducato per ottenere la nostra firma.
Il Sindaco era stato nominato Commissario della “Rivieracqua”.
L’incompatibilità in tanto sussiste in quanto una persona fisica è incorporata in due distinti organi dello stesso Ente Pubblico.
Basandosi sull’asserita sussistenza di tale presupposto, venne eccepita a suo tempo l’incompatibilità dell’allora Sindaco Bucci, nominato dal Governo Commissario alla Ricostruzione del Ponte Morandi.
La Giurisprudenza confermò in tale occasione il principio in base al quale il Commissario è organo dell’Ente commissariante - nella fattispecie lo Stato - e non dell’Ente commissariato, cioè il Comune.
Spiegammo dunque a chi ci aveva avvicinato che la sua pretesa risultava infondata.
Tanto più che la “Rivieracqua” è un soggetto di Diritto Privato, oltre a risultare distinto tanto dal Comune quanto dalla Provincia.
Il ricorso, avendo aderito alla tesi sostenuta di chi lo aveva redatto tanto i Democratici quanto Zarbano, venne comunque interposto da una Avvocatessa della Spezia, dirigente dell’Opposizione.
La quale non lo ripulì nemmeno degli errori di sintassi e di grammatica commessi dall’estensore.
Segno che questa Professionista agiva senza eccessiva convinzione, ovvero era anch’ella illetterata.
Il resto è storia nota.
Ora il promotore del ricorso ha chiamato i cittadini a mobilitarsi, con lo slogan altisonante di Scajola “Peste d’Italia”.
Che richiama il risorgimentale “Va’ fuori d’Italia, va’ fuori che è l’ora, va fuori d’Italia, va’ fuori o stranier”.
Non sappiamo se la manifestazione fosse autorizzata, né se la relativa istanza sia stata inoltrata all’Autorità competente.
Sappiamo però che mai fallimento di una mobilitazione risultò più disastroso.
C’è chi riferisce di zero manifestanti e chi li fa ammontare a tre.
Inferiori, comunque, ai proverbiali “Quattro gatti”.
Delle due l’una: se la manifestazione non era autorizzata, chi non vi si è recato ha evitato una denunzia; se viceversa la Questura l’aveva permessa, i disertori si sono risparmiati la schedatura.
Noi, avendo intrapreso molto presto la nostra milizia politica, non accettiamo lezioni di coerenza da nessuno.
In particolare, da chi ha girato letteralmente tutti i Partiti – e tutte le confessioni religiose – senza però mai iscriversi ad alcuno di essi.
Esortando però gli altri ad aderirvi.
Questo “modus procedendi” ha un nome ben preciso: si chiama provocazione, ed è bene che questa volta nessuno – o ben pochi – vi sia caduto.
Le provocazioni tornano di moda ogni volta che si produce una nuova ondata di manifestazioni.
Che spesso, purtroppo, degenerano nella violenza.
Un movimento spontaneo risulta da questo punto di vista tanto più pericoloso in quanto la sua novità ed improvvisazione impediscono di sapere con chi si ha a che fare.
La prima regola consiste dunque nell’assumere informazioni.
Per quanto riguarda i fatti di Imperia, abbiamo motivo di ritenere che qualcuno intenda replicare” in loco” quanto avvenuto a Torino e altrove.
Con il risultato di criminalizzare quanti credono in buona fede di aderire ad una causa giusta.
Occorre sempre accertarsi se le iniziative vengono promosse nel rispetto della legalità.
Qualora ciò non risulti, bisogna avvertire immediatamente le Autorità preposte alla tutela dell’Ordine Pubblico.
Se poi si vuole promuovere un cambiamento nell’Amministrazione Comunale, basta esaminare le Delibere.
Come facevano un tempo tutti i buoni Amministratori.
I quali però vi si dedicavano con lo studio, con l’umiltà e con la pazienza.
Tutto il contrario di quanto fano gli arruffapopoli.
A noi è capitato di formare, nel Paese di adozione, una parte dei suoi primi eletti alle cariche pubbliche.
La conquista del diritto di voto costituiva il frutto di una Rivoluzione.
Che era costata molto sangue.
La vera Rivoluzione consisteva però nel far funzionare le Istituzioni democratiche.
Questo costava altrettanto sudore.
In Italia, il diritto di voto è stato conquistato da quasi ottanta anni.
Sostituire il suo esercizio con delle iniziative demagogiche non favorisce la democrazia.
Favorisce piuttosto chi ce la vuole far perdere.
Come, per l’appunto, chi convoca le manifestazioni perché ci vadano gli altri.

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Mario Castellano  22/12/2024
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