La tendenza identitaria – come sempre ricordiamo – può essere di ispirazione religiosa...
La tendenza identitaria – come sempre ricordiamo – può essere di ispirazione religiosa, ovvero di ispirazione etnico – culturale: nelle due varianti del nazionalismo e del regionalismo. Quest’ultimo esprime d’altronde l’aspirazione delle cosiddette “Patrie Negate” a costituire a loro volta un proprio Stato. Trump, ergendosi a promotore dell’identità religiosa, propone di inviare truppe americane a presidiare Gaza, in primo luogo con l’obiettivo di praticarvi la “pulizia etnica” mediante l’espulsione dei Palestinesi. Questo territorio dovrà poi essere trasformato in un grande “resort”: simile alla sua tenuta di Mar a Lago, oppure all’intero Stato della Florida, in origine territorio di caccia dei Seminole e poi divenuto luogo di vacanza per gli anziani ricchi provenienti dagli Stati dell’Unione dove all’inverno il termometro scende molto al di sotto dello zero. Quanto conta, però, è che per la prima volta si profila un intervento militare diretto dell’America nel conflitto del Medio Oriente. Non già realizzato inviando truppe quali “Forze di Interposizione” – da questo punto di vista l’Italia è arrivata molto prima, fornendo soldati per la missione dei “Caschi Blu” in Libano – bensì per dare man forte ad Israele. Il quale beneficerebbe tanto di un aiuto militare ben maggiore rispetto all’approvvigionamento di armi e munizioni quanto di una cauzione politica da parte dell’Occidente: o almeno da parte del Paese che ne detiene la guida. Se veramente i “Marines” sbarcheranno a Gaza, si profilerà una situazione il cui unico precedente storico furono le Crociate. Sulla cui natura gli storici non cessano di discutere. Qualcuno vede in questo fenomeno una anticipazione del Colonialismo, il quale sarebbe però iniziato ad opera dei Portoghesi, seguiti da tutte le altre Potenze dell’Europa Occidentale, due secoli dopo la caduta di San Giovanni d’Acri, che segnò la fine del “Regno Cristiano” di Terra Santa. Se il Colonialismo ebbe essenzialmente una motivazione economica, le Crociate – anche se non mancò la speculazione delle Repubbliche Marinare italiane, dedite a trasbordare a pagamento le truppe verso la Palestina - segnarono viceversa la massima espansione dell’identità cristiana propria dell’Europa medioevale. Se Trump riuscirà nel suo intento, assocerà i Cristiani agli Israeliti nel garantire una presenza non islamica nelle terre che videro nascere le religioni monoteistiche. Occorre dunque domandarsi come questa impresa possa essere interpretata dai Musulmani. I quali rifiutano di considerare la creazione dello Stato di Israele secondo la sua corretta interpretazione storica, cioè come l’espressione del diritto all’Autodeterminazione del Popolo Ebraico, e vedono piuttosto in essa l’estrema prosecuzione dell’oppressione coloniale occidentale ai propri danni. Se dunque si affermerà. - come purtroppo pare inevitabile – questa lettura di una rinnovata presenza militare cristiana nel Medio Oriente, il contenzioso territoriale aperto fin dall’Ottocento con l’insediamento sionista si trasformerà in un conflitto potenzialmente apocalittico tra le diverse fedi cosiddette “abramitiche”. A questo punto, gli episodi di terrorismo non soltanto ai danni degli Israeliti, ma anche ai danni dei Cristiani saranno purtroppo destinati ad intensificarsi. Prepariamoci dunque ad una moltiplicazione delle stragi del tipo di quella del Bataclan o della Promenade des Anglais. Il gesto di Trump, se verrà realmente compiuto, uscendo dall’ambito delle azioni meramente simboliche come il trasferimento dell’Ambasciata a Gerusalemme o come il sostegno alle correnti del Sionismo cristiano, incarnate dallo stesso settore fondamentalista evangelico che ha contribuito in modo decisivo alla vittoria elettorale del “Tycoon”, potrà qualificare il “Comandante in Capo” come una sorta di nuovo Sacro Romano Imperatore: o quanto meno come l’erede dei Sovrani crociati, quali Giovanni senza Terra e Baldovino, primo Re cristiano di Gerusalemme. Questa decisione rischia però anche di coinvolgere l’intero Occidente in una anacronistica riedizione di quanto avvenne a partire dal 1095, quando Urbano II bandì la Prima Crociata. Il richiamo al Papa non è casuale, in quanto il Vaticano – iniziando da Giovanni XXIII fino a culminare nell’attuale Pontificato – ha intrapreso la strada esattamente contraria. Se a suo tempo la Destra internazionale classificava l’Ecumenismo come un insidioso disegno propagandistico e geo strategico del Comunismo – anche se la Storia ha dimostrato l’esatto contrario, visto che il processo di distensione ha causato la fine del dominio sovietico sull’Europa Orientale – ora l’Ecumenismo viene condannato come una sorta di “appeasement” (se non peggio) nei riguardi dell’islamismo. Il Papa latino-americano, fin dal discorso pronunziato nell’Università di Al Azhar, ha effettivamente promosso una alleanza – così l’ha espressamente definita – tra i popoli del Terzo Mondo, al di sopra delle loro differenze religiose, per liberarsi dalle conseguenze del Colonialismo. L’Ecumenismo quale ispirazione di tutta l’azione svolta dalla Santa Sede non potrebbe sopravvivere ad una sorta di nuova Crociata. Il Papa rifiuterà dunque di bandirla. Se così sarà – come non abbiamo motivo di dubitare – Trump opererà con rinnovata lena per spaccare la Chiesa Cattolica. Per questa operazione non mancano né i mezzi economici, né il personale. A cominciare da “Steve” Bannon. Rimane comunque una domanda: può un Occidente secolarizzato ritrovare lo slancio espansivo impresso a suo tempo dal Concilio di Clermont? Noi ne dubitiamo, anche se le prospettive di spedire i vari Formigoni in Terra Santa presenterebbe quanto meno un vantaggio, consistente nel toglierceli dai piedi. Le contrapposte tendenze identitarie tornano ad infiammare il Confine Orientale, guastando la festa per l’avvenuta riappacificazione tra le due parti di Gorizia. Che rimane – dopo l’unificazione di Berlino e di Gerusalemme – l’unica Città al mondo divisa da un Confine di Stato. Chi ha tracciato scritte contro l’Italia sulla Foiba di Basovizza ha offerto a Mattarella un’ottima scusa per non parlare della violazione del Trattato istitutivo della Corte Internazionale di Giustizia. L’ipotesi di una provocazione imbastita dalla Meloni – simile a quella inscenata ad Impera dall’ignoto Pasquino di Castelvecchio, inutilmente ricercato da tutte le Polizie pubbliche o private, da quella di Stato alla Benemerita, dai Vigli Urbani, ai “Pallanuotisti” arrivando i Servizi Segreti (!?) – risulta dunque verosimile. Non si può tuttavia escludere un rigurgito dell’irredentismo slavo, che costituirebbe una comprensibile benché ingiustificata reazione al centralismo autoritario dell’Attuale Governo. Anche sull’altro confine disegnato nel 1918, quello del Brennero, si registra una intensificazione dei controlli da parte dell’Austria, che colpisce in modo selettivo gli autoveicoli italiani a seconda della loro targa: quelli provenienti dal Meridione vengono tartassati, mente i camionisti del Nord Est sono bene accolti. In realtà, gli accordi stipulati tanto con Vienna – il cosiddetto “Pacchetto”, peraltro puntualmente onorato dalle Autorità di Roma - quanto con Belgrado, cioè il Trattato di Osimo, producono degli effetti benefici sulle zone di frontiera solo quando prevale un “animus” di amicizia, di riconciliazione e di collaborazione. Il Governo di Roma dimostra però intenzioni esattamente contrarie. Lo testimonia la disapplicazione sostanziale del Trattato detto “del Quirinale”, che pure riguarda un confine su cui le tensioni sono sempre state molto minori rispetto a quelle vissute a Trieste e a Gorizia. Le responsabilità non sono però soltanto da attribuire alla Destra. Se per attuare il suo Favoreggiamento nei riguardi del Libico la Meloni è arrivata a violare tanto il Diritto Internazionale quanto l’Ordinamento Giuridico interno, il responsabile dell’Ente Jugoslavo preposto all’esportazione della selvaggina – malgrado le sue responsabilità nella “pulizia etnica” sofferta dai nostri connazionali giuliani e dalmati - ha goduto a lungo di gravi complicità nella nostra zona. Non solo essendo oggetto di una considerazione certamente immeritata, ma venendo anche attivamente assecondato nelle due operazioni di cui era stato incaricato dalle Autorità di Belgrado. Una delle quali consisteva nell’influire sul Partito Comunista Italiano per contrastare il suo processo di revisione: gli interlocutori diretti di questo Signore lo hanno sempre sabotato, fin da quando si opponevano a Berlinguer. L’altra azione consisteva nel promuovere la penetrazione in Italia della Polizia Politica di Tito, che aveva stabilito ad Imperia una centrale operativa. Avendo scelto abilmente il luogo del Settentrione più lontano dal Confine Orientale. I Dirigenti locali del Partito ex Comunista, se veramente considerano chiusa questa pagina, e soprattutto se volessero contrastare ogni tentativo di riaprirla, dovrebbero fare finalmente chiarezza sul passato. Ci pare invece che costoro procedano nella direzione esattamente contraria. Proporre – senza peraltro richiedere l’autorizzazione degli organi dirigenti del Partito – una iniziativa che si propone maldestramente di estendere l’habitat della cosiddetta “grossa selvaggina” (solo ieri cinque cinghiali sono stati visti pascolare indisturbati quasi alla foce del torrente Impero) significa, lo si voglia o meno, propiziare una ulteriore importazione di questi animali. Che devono essere invece essere almeno in patte abbattuti. Non ci si venga a dire, per favore, che il ricavato andrà a beneficio del Partito, in quanto farà piuttosto la fine dei soldi destinati a costituire ad Imperia la Fondazione Gramsci. Se il malinteso e nefasto nazionalismo centralista della Meloni deve essere respinto - trattandosi non soltanto di una rivalutazione, quanto piuttosto di una restaurazione dell’espansionismo fascista - occorre anche prendere le distanze da chi, sull’altro lato del “Confine Orientale”, pretende la sua rettifica.