Due nostri affezionati lettori ci hanno domandato quale sia stato il ruolo svolto nel supportare a Roma il “Partito della Selvaggina” da Lorenzino De Bernardis, detto “Lorenzaccio”...
Due nostri affezionati lettori ci hanno domandato quale sia stato il ruolo svolto nel supportare a Roma il “Partito della Selvaggina” da Lorenzino De Bernardis, detto “Lorenzaccio” per l’analogia con l’omonimo esponente della Casata dei Medici che uccise nel 1530 il cugino Alessandro, aprendo la via per la successione a Cosimo. Il quale si dedicò a perorare dall’Imperatore la qualifica di “Granduca” per sé e per i propri successori. Che venne mantenuta anche dai Lorena fino all’Unità d’Italia. Il De Bernardis, giunto nella Capitale come dirigente degli Autotrasportatori della CGIL, offrì all’Onorevole Manfredi, cui era stato presentato dai suoi amici e soci di Imperia i propri servigi in qualità di “brasseur d’affaires”, introducendolo negli ambienti più influenti. Gli affari andarono male, essendo finito il De Bernardis a Regina Coeli. Torchiato dal Giudice Sica – che non era certo un tipo con cui si potesse scherzare – l’Uomo finì per “vuotare il sacco”. Il filone romano degli affari del “Partito della Selvaggina” finì a questo punto malamente. Rimase in piedi, naturalmente, quello belgradese. Che torna alla ribalta della politica locale in quanto il conflitto intestino tra i Democratici imperiesi, che pareva risolto con un accordo di pace, celebrato in Consiglio Comunale con la comune esibizione dei cartelli predisposti dai seguaci di Bracco, si è improvvisamente riaperto. Ioculano, che ha rischiato di perdere il posto in Regione precisamente a causa del “trasversalismo” praticato dal suo rivale interno, attribuisce la colpa di tale situazione al Segretario Cittadino. Il quale – vaso di coccio tra i vasi di ferro – si astiene non soltanto dal prendere posizione tra i due contendenti: o meglio, tra le due contendenti, essendo schierata da una parte la Modafferi e dall’altra la Bellotti, rispettivamente portabandiera di Bracco e di Verda. I quali sono come i classici due galli nello stesso pollaio. Ora pare però che in tale ambito non possano convivere neanche due galline. Effettivamente, per quanto riguarda il “modus procedendi”, Ioculano ha ragione. Sono infatti competenti gli organi cittadini del Partito per dirimere la controversia, decidendo chi debba essere designato dal Gruppo Consiliare per assumerne la guida. Il Segretario non sa però che pesci prendere, e passa la patata bollente ad un’altra istanza. Che dovrebbe essere rappresentata dal Segretario Provinciale. Il quale, essendosi ormai “sistemato” a Vallecrosia grazie al ritorno nelle fila della Destra – da cui proveniva, analogamente al responsabile del Golfo Dianese – se ne lava le mani. Tanto più che è ormai dimissionario. Si dà però il caso che “Vladimiro Ilic” Quesada si trovi nella situazione detta di “prorogatio”, e dunque tocchi ancora a lui dirimere la controversia. Che però in tanto può risolversi in quanto una delle fazioni in contesa venga riconosciuta responsabile di avere violato lo Statuto. Dovendo subire i conseguenti provvedimenti disciplinari. Che però non vengono erogati, giacché lo Statuto del Partito assomiglia all’Ordinamento Giuridico di un “Failed State” o “Crashed State”, di cui nessuna Autorità è ormai in grado di garantire l’osservanza. Come avviene nel caso della Somalia, della Libia e di Haiti. Chi ha autorizzato “Vladimiro Ilic” Quesada ad assumere le funzioni di Vice Sindaco di un Primo Cittadino “Fratello” della Meloni? Chi ha autorizzato l’iscrizione al Partito di Manduca? Il quale, essendo stato membro di un’altra forza politica, doveva osservare – se voleva prendere la tessera – un procedimento diverso rispetto a quello stabilito normalmente per i nuovi iscritti? Chi ha autorizzato Barbagallo ad assumere un incarico la cui nomina è di competenza dell’Amministrazione Provinciale? Chi ha autorizzato Risso ad assumere un incarico attribuito dall’Amministrazione Comunale? L’ultimo atto di imperio degli organi d cittadini del Partito risale a quando proibirono severamente agli iscritti di partecipare alla presentazione del nostro libro sul Papa. L’unica “democratica” presente, che osò sfidare le ire del Cremlino di via San Giovanni, venne “chiamata in Sezione”. Il Partito è spietato con chi critica il “trasversalismo”, e completamente acquiescente nei confronti di chi lo pratica. Da questo punto di vista, non si nota nessuna differenza tra le due fazioni, divise da una sorta di “guerra civile” che fa impallidire quella esplosa a suo tempo nel campo opposto tra i seguaci dello Zio ed i fautori del Nipote. Da una parte Verda – senza neanche notificare la sua iniziativa agli organi interni competenti – offre al Sindaco l’adozione di un progetto di riforestazione urbana, in cui coinvolge mezzo Corpo Accademico dell’Università di Genova: se il “Nipotissimo” è tanto influente nella sua “Alma Mater Studiorum, perché si sminuisce immischiandosi nelle beghe del paesello natio? Dall’altra parte la Modafferi compie analoga operazione mobilitando l’Ateneo di Bologna (il più antico dell’Occidente) per propagandare il suo modello di trasporto urbano. Ambedue i rivali fanno i “brasseurs d’affaires”, mentre il “Bassotto” – sordo alle decantazioni della rispettiva mercanzia da parte di questi improvvisati “imbonitori pi piazza”, degni delle vecchie Fiere di San Giovanni, predispone da un lato il proprio “giardino verticale” (evidente compensazione della statura fisica), e dall’altro lato si accinge ad esibirei fantascientifici autobus “senza pilota”. Né la proposta della riforestazione, né quella della nuova viabilità urbana sono passate al vaglio della Direzione Cittadina, ovvero di quella Provinciale. Si annunzia pertanto un intervento risolutore del “Regionale”, rappresentato da tale Natale. Il quale si sta ancora leccando le ferite rimediate da Orlando. Come il Paladino di Francia venne ucciso a Roncisvalle, il suo omologo della Spezia è caduto in via Fieschi. In realtà, quanto accomuna i seguaci di Bracco con quelli di Verda è la persistente comune logica, ereditata dal “Partito della Selvaggina”. In base alla quale vince chi riesce ad entrare in società d’affari con la fazione nominalmente opposta. Da questo punto di vista, una delle due fazioni risulta ancora legata al “cliché” degli Anni Settanta, e continua dunque a guardare verso Belgrado. L’altra parte, avendo metabolizzato quanto meno la cosiddetta “Svolta della Bolognina”, si rivolge all’Emilia. Attenti, Compagni seguaci di Bracco! Dalla Città del Dottor Balanzone ci venne mandato a suo tempo un Assicuratore. Il quale fece causa comune precisamente con il “Partito della Selvaggina”, salvo poi ripiegare verso l’Appennino Tosco – Emiliano. I Comunisti bolognesi, una volta giunti ad Imperia, si misero dalla parte del più forte. Avendo appetito la torta delle polizze obbligatorie per i Cacciatori. Con tanti saluti al “Migliorismo”, praticato nella loro Regione di provenienza, essi scelsero gli Staliniani. Nessuno vi ha avvertiti che è scoppiata la guerra?
Il Papa si accinge a celebrare a Nicea l’Anniversario del Concilio Ecumenico del 325, svoltosi dunque molto prima dello Scisma di Oriente, in cui venne redatto il Credo. Completato in seguito dal Concilio di Costantinopoli. Da cui per l’appunto deriva il nome di “Credo Niceno – Costantinopolitano”. Prévost, che si accinge a celebrare la rievocazione di questo evento insieme con gli Ortodossi - non limitandosi ad indire un evento di preghiera, bensì approfondendo in un Convegno teologico quanto avvenuto nei Primi Secoli - continua, dunque, nelle iniziative ecumeniche dei suoi predecessori. Tra l’Ecumenismo quale lo intendeva Bergoglio e quello proprio del Successore risultano però evidenti le differenze. Quando il Papa latino-americano proponeva addirittura una “Alleanza” tra i Cristiani (non soltanto Cattolici) ed i Musulmani, guardava evidentemente più agli aspetti politici che a quelli spirituali e religiosi di tale movimento. Il disegno perseguito dal Pontefice chiamato “dalla Fine del Mondo” mirava all’intesa tra i popoli colpiti dallo sfruttamento coloniale, chiamati a fare causa comune contro il Nord del mondo per superare le conseguenze ereditate da tale condizione. In una simile alleanza, erano però necessariamente destinate ad attenuarsi le differenze connesse con la diversità culturale e religiosa. Se la motivazione delle cosiddette “Lotte di Liberazione” era stata a lungo fornita dall’ideologia, da qualche tempo la si era sostituita con la spinta identitaria, Il tipo di Ecumenismo – la “Sinistra” lo definiva a suo tempo come Internazionalismo” - in cui credeva Bergoglio risultava dunque datato. Per essere efficace, l’impegno rivolto all’emancipazione dei popoli doveva ormai basarsi sulle loro specifiche radici culturali e spirituali. Che non coincidono naturalmente con i confini tra le diverse Nazioni, ma devono essere tali da permettere una sinergia tra soggetti fondamentalmente affini. Il Papa si rende conto che l’ambito cattolico – pur con tutta la sua estensione nei Continenti – risulta comunque troppo angusto. Prévost ricerca, dunque, una intesa con gli altri Cristiani. Gli Ortodossi sono i più affini ai Cattolici sul piano dottrinale, ma si trovano dislocati anch’essi in un ambito estraneo all’Occidente. Il Patriarca di tutte le Russie si qualifica come Capo di questa grande corrente del cristianesimo. Lo fa certamente basandosi sul fatto che Mosca è la “Terza Roma”, ma anche per superare l’attuale situazione, in cui le altre Chiese Autocefale nazionali riconoscono ancora l’autorità di Costantinopoli, e soprattutto si trovano in gran parte ormai inserite nel sistema di alleanze dell’Occidente. Il mondo procede verso una situazione in cui le esigenze strategiche possono far premio sulle residue differenze dottrinali. Al Concilio di Firenze, il futuro Cardinale Bessarione siglò l’intesa con la Chiesa d’Occidente non già perché il contenzioso sulla cosiddetta “Clausola del “Filioque” fosse stato risolto, bensì essendosi reso realisticamente conto di come Costantinopoli fosse ormai indifendibile. Salvo allearsi, per l’appunto, con l’Occidente. Oggi Il Papa di Roma richiama i Confratelli Patriarchi delle Chiese Autocefale dell’Est sul fatto che questa stessa situazione di pericolo può ripetersi. Per effetto della pressione esercitata dalla Russia, ma soprattutto dall’Islam. Egli torna dunque ad offrire una riunificazione resa necessaria dall’incombere di una insidia che sovrasta l’Oriente Cristiano, ma non risparmia in prospettiva neanche Roma. L’Ecumenismo di Prévost si qualifica dunque per così dire come un Ecumenismo basato sulla identità. Fino a poco tempo fa, questa stessa definizione poteva suonare come una contraddizione in termini. Ora il suo contenuto viene viceversa imposto dalle circostanze. L’America ha collocato un proprio uomo sulla Cattedra di San Pietro. Tale esito trova la sua origine nello sbarco in Sicilia del Generale Patton Questo militare, che in apparenza era quanto di più alieno di possa concepire rispetto alla politica, seppe relazionarsi tanto con il “Capo dei Capi” quanto con il Cardinale di Palermo. Uno di questi rapporti ha prodotto – a distanza di tempo -l’ascesa al potere della Meloni. L’altro la conquista della riva destra del Tevere. Ora sta agli Americani gestire una situazione che vede il loro dominio completo sull’Occidente: dal punto di vista tanto militare quanto economico, ma soprattutto spirituale. Se Trump è uomo energico ma caratteriale, Prévost dimostra equilibrio, tatto e prudenza nella misura necessaria per svolgere il proprio ruolo.