Lo Stato italiano assomiglia a quegli abitanti delle metropoli del Terzo Mondo che ogni mattina, al risveglio, devono inventarsi qualcosa per sbarcare il lunario.
Lo Stato italiano assomiglia a quegli abitanti delle metropoli del Terzo Mondo che ogni mattina, al risveglio, devono inventarsi qualcosa per sbarcare il lunario.
Essendo naturalmente privi di una fonte di entrate regolare, sono dediti dunque ai cosiddetti “lavori irregolari”: per cui si affannano intorno ai semafori, intenti a vendere giornali, bibite e generi alimentari.
Nel giro di pochi giorni, i leghisti hanno dapprima annunciato un aumento dei pedaggi autostradali, per poi smentirlo nel giro di poche ore.
Pretendendo per giunta che i cittadini fossero grati per aver loro evitato una maggiore spesa.
Deliberata, guarda caso, proprio dai seguaci di Salvini.
Un altro ex separatista, cioè Giorgetti, ha parlato davanti alla platea degli assicuratori, incaricandoli di redigere essi stessi la nuova legge regolatrice della loro attività.
L’esecutivo rinuncia dunque a mediare tra gli interessi degli erogatori del servizio e i suoi utenti: i venditori di polizze avendogli conferito il proprio suffragio.
Il ministro ha però lamentato che i titolari di agenzie di assicurazioni, dovendo indirizzare i clienti verso investimenti che preservino e possibilmente incrementino i loro risparmi, consiglino l’acquisto di buoni del tesoro tedeschi.
Ritenendoli naturalmente più sicuri di quelli italiani.
Se gli assicurati faranno rientrare in patria il proprio denaro, comprando viceversa dei titoli del tesoro nazionale, il governo chiuderà in cambio tutti e due gli occhi sulle loro evasioni fiscali.
Un altro esponente dell’esecutivo ha infine prospettato che l’iscrizione alla mutua malattie sia considerata obbligatoria e a pagamento.
Poiché però molti cittadini non sono in grado di sopportare questa spesa, verrà piuttosto istituito un onere.
A chi sarà portato in ospedale – anche se in stato di incoscienza – verrà chiesto di esibire la polizza di assicurazione contro le malattie.
Come avviene negli Stati Uniti d’America.
Qualora non la possegga, gli verranno rifiutate le cure.
I poveri disgraziati continueranno di conseguenza a non pagare, condannandosi a morte qualora si ammalino.
I più ricchi preferiranno invece contrarre un’assicurazione privata, che permetterà loro di essere curati nelle cliniche di lusso.
Non si calcola né l’aumento di prezzo delle merci trasportate “su ruota”, né il danno sociale – che ha logicamente il suo costo economico – derivante dall’aumento delle morbilità: per non parlare delle conseguenze causate dalle malattie sulle attività lavorative.
L’importante è trovare quattro soldi per tirare a campare.
Facendo fronte alla spesa corrente.
Vale a dire mantenendo l’esercito composto dai dipendenti dello Stato e degli altri enti pubblici, nonché dai pensionati detti “di lusso”.
Cui si deve aggiungere la truppa di complemento composta dai finti liberi professionisti che in realtà sono tali solo formalmente.
In quanto lavorano soltanto per le amministrazioni pubbliche.
Come i solerti avvocati cui si rivolge il nostro sindaco quando sta per intraprendere una manovra spericolata, e si tutela con un “parere” che naturalmente attesta in anticipo la liceità e la legittimità del suo operato.
Non essendo però vincolante per l’autorità giudiziaria.
Un altro espediente consiste nel destinare alla spesa corrente i fondi elargiti dall’Unione Europea per altri fini.
I gerarchi di Bruxelles si sono però tutelati da tale abuso, facendo sottoscrivere a tutti gli Stati membri dell’Unione un trattato che riconosce la competenza della Procura Europea per i reati di cui l’Unione risulta parte lesa.
Sarà dunque difficile fermare l’azione penale già promossa contro il nostro sindaco.
Il fatto che ciò sia avvenuto all’insaputa della persona riguardata non è influente.
L’indagato viene infatti avvertito quando si compie il primo adempimento processuale che richiede la partecipazione sua o dei suoi difensori.
Il primo cittadino passò alla storia quando gli venne regalato un immobile “a sua insaputa”.
Le donazioni di tali beni esigono l’accettazione di chi le riceve,
che deve esprimerla mediante un atto notarile.
L’inconsapevolezza di quanto avvenuto non era dunque sostenibile.
Dulcis in fundo, le cronache ci informano che i componenti del Consiglio di Amministrazione della “Rivieracqua” richiedono un aumento dei loro emolumenti, tale da equipararli agli omologhi delle società a capitale privato.
Malgrado la norma di legge che stabilisce un “tetto” per tali compensi.
I poveri utenti penseranno naturalmente che gli aumenti delle tariffe non vengano impiegati per tappare i buchi nei tubi dell’acquedotto, bensì per ingrassare questi signori.
L’ingresso di soci privati fu salutato come un evento foriero di nuovi investimenti, che però non si sono mai visti.
In realtà, questa operazione avvenne in parallelo con un’altra, cioè la trasformazione in azioni dei crediti vantati dal Comune di Imperia nei confronti della vecchia azienda erogatrice.
Lo stesso trattamento non venne però disposto per gli altri comuni, anch’essi creditori.
I quali videro invece azzerato il proprio credito.
Sommando le azioni di cui è titolare il Comune di Imperia e quelle acquistate dai privati, provenienti dal lontano Molise, la maggioranza assoluta nell’assemblea dei soci fu così garantita alla componente “bassotta”.
Che procederà ora all’aumento dei compensi pagati ai propri e agli altrui rappresentanti nel Consiglio di Amministrazione.
Rischiando tutt’al più delle osservazioni da parte della Corte dei Conti.
Tale organo può rifiutare la registrazione di un atto emanato da un ente pubblico.
Esso non può viceversa impedire che produca i suoi effetti giuridici un atto compiuto da un soggetto di diritto privato.
Rimane soltanto la possibilità che la magistratura inquirente rilevi in tale comportamento un profilo penale.
Se un privato entra nella gestione di un servizio pubblico, si sente inevitabilmente puzza di bruciato.
L’erogazione di tali servizi non deve infatti essere finalizzata a realizzare un guadagno.
Come è invece perfettamente lecito e naturale nelle normali attività imprenditoriali.
Naturalmente, gli amministratori devono evitare il dissesto dei soggetti erogatori.
Se però essi sono motivati a entrare nel “business” dalla ricerca di un profitto, finiscono o per trascurare la quantità e la qualità delle prestazioni, o addirittura per cadere nell’illecito, pur di realizzare un guadagno.
La vicenda di “Rivieracqua” conferma puntualmente questa regola.
Peccato che non se ne siano accorti i rappresentanti dell’opposizione, espressi dai comuni amministrati dalla sinistra.
La quale dovrebbe tutelare gli interessi dei cosiddetti “ceti popolari”.
Cui però non appartengono i rappresentanti della grande proprietà edilizia, né gli altrettanto grandi commercialisti.
I quali detengono la “leadership” di tale parte politica in sede locale.