La scelta dei papi da parte della Chiesa cattolica...
La scelta dei papi da parte della Chiesa cattolica – come anche, secondo alcuni, l’individuazione del momento in cui si rende matura e necessaria la successione sul soglio di Pietro – rivela sovente una capacità di prevedere il futuro.
Da ciò deriva tanto un aggiornamento dei criteri con cui viene governata la “barca di Pietro”, quanto la tendenza ad assecondare certi mutamenti nell’assetto internazionale.
Quando venne eletto Giovanni Paolo II, nessuno – salvo chi aveva una conoscenza diretta e approfondita della realtà dell’Europa orientale – poteva immaginare il crollo del sistema comunista.
Che, in effetti, rimase apparentemente immutato ancora per un decennio, nel corso del quale non mancò chi giunse a prendersi gioco del Pontefice.
Il quale, secondo costoro, si era rivelato non soltanto un illuso, ma anche un ingannatore, avendo coinvolto molte altre persone nella propria convinzione.
Poi venne il crollo del Muro di Berlino.
In altri casi, l’elezione del papa avviene quando la crisi è ormai imminente.
Come abbiamo ricordato molte volte, fu così nel 1914 e poi nel 1939.
Ci è venuto spontaneo, nel maggio scorso, associare a queste date l’avvento di Leone XIV,
il quale ha assunto in effetti la guida della Chiesa poco prima che scoppiasse un’altra guerra in Medio Oriente,
rendendo sempre più evidente che l’Occidente deve affrontare la tendenza espansiva propria dell’Islam.
Non certo per bandire una nuova crociata, come fece Urbano II a Clermont nel 1095, ma rafforzando l’identità cristiana.
Nessuno prevedeva però l’imminente dissoluzione dell’Occidente quale entità politica.
Cioè quanto sta avvenendo sotto i nostri occhi in questo mese di luglio,
quasi senza dare a Leone XIV il tempo necessario per familiarizzarsi con il suo nuovo incarico.
Aveva visto giusto Massimo Cacciari quando intravedeva la tendenza – che l’ex sindaco attribuiva al settore anglosassone della Chiesa, e cioè alla sua componente nordamericana – a perseguire un progetto che egli definiva “carolingio”.
Cioè a compattare una sorta di nucleo forte del cristianesimo, incentrato su quelle terre – e su quei popoli – che avevano costituito per l’appunto il Sacro Romano Impero.
Questa entità ebbe precisamente in Carlo Magno il suo fondatore, ma non avrebbe potuto definirsi né come “sacro”, né tanto meno come “romano”, senza la solenne incoronazione del suo sovrano, che avvenne in San Pietro la notte di Natale dell’anno 800.
Chi aveva concepito il disegno storico di cui questo atto costituì la manifestazione visibile dai popoli cristiani del nostro continente?
Carlo Magno fu certamente un grande della storia, ma le sue ambizioni si sarebbero concretizzate soltanto nella costituzione di un regno, sia pure esteso su entrambe le rive del Reno,
se non fosse stato per l’appunto beneficiato dal gesto del papa.
Lasciamo agli storici la risposta alla domanda su quale tra le due autorità – quella spirituale e quella temporale – abbia deciso di promuovere questa alleanza e questa unione.
Se consideriamo l’attualità, vediamo come il papa sia rimasto – a causa del conflitto irreversibile scoppiato tra le due parti dell’Occidente – l’unica autorità la cui estensione comprende ambedue gli ambiti territoriali che lo compongono: quello europeo e quello nordamericano.
Il fatto che il Pontefice provenga dagli Stati Uniti riveste un significato ulteriore: la Chiesa non vuole che la deriva presa dalla sponda occidentale dell’Atlantico possa giungere a rescindere il legame spirituale con la sua sponda orientale.
Trump può litigare con l’Unione Europea fino al punto di causarne l’irrilevanza, ma non potrà mai opporsi al connazionale installato in Vaticano.
Non soltanto per motivi connessi con gli equilibri politici interni agli Stati Uniti, ma soprattutto perché non può negare l’appartenenza del suo Paese all’ambito giudaico-cristiano.
Il presidente non ha infatti mai messo in discussione l’appoggio a Israele,
che costituisce – insieme con il Vaticano – l’altro punto di riferimento spirituale dell’America.
Gerusalemme e Roma rimangono le capitali la cui autorità – nell’ambito religioso – continua a essere riconosciuta.
Se l’America può muovere guerra contro l’Europa, contando sulla propria autosufficienza energetica e alimentare, nel nostro continente si apre un vuoto di potere dalle conseguenze imprevedibili.
L’Europa non può naturalmente gettarsi nelle braccia dell’Islam, della Russia o della Cina, in quanto perderebbe la propria stessa identità.
Essa peraltro non dispone né delle risorse materiali, né degli strumenti politici che le permettano di difendersi.
Le manca però soprattutto la volontà necessaria.
Dopo la Seconda guerra mondiale, gli abitanti del nostro continente presero semplicemente atto – sia pure con soddisfazione – della volontà dell’America di farsi carico di questa necessità.
Ora essi si trovano nella condizione di chi è rimasto improvvisamente orfano, o è stato abbandonato.
Nel qual caso sopravvive soltanto chi ha già sviluppato una volontà propria, che a sua volta può esistere quando si è coscienti della propria identità.
Quanti l’hanno definita in termini di dipendenza dall’America – i cosiddetti “oltranzisti atlantici” – sono improvvisamente ammutoliti.
Tacciono, a maggior ragione, quanti devono la loro carriera agli americani,
come è la signora Meloni,
la quale si limita a dire che bisogna trattare sui dazi.
Che cosa facciamo, però, se non riusciamo a convincere Trump ad abbassarli?
Tra chi ha scelto di essere la “quinta colonna” dei nemici dell’Occidente, e dunque vede nella sua divisione l’occasione propizia per attendere l’arrivo dei musulmani, dei russi o dei cinesi, e chi viceversa crede soltanto nella dipendenza dallo Zio Sam,
manca una terza opzione,
che diviene oggi l’unica praticabile, ed è quella rappresentata dagli autentici patrioti europei,
che non immaginano il continente come un’entità ostile agli altri grandi soggetti della politica internazionale, ma potrebbero cogliere l’occasione per rivendicarne l’indipendenza.
È già successo altrove che i dominatori lasciassero all’improvviso un Paese fino a quel momento sottoposto a loro, e dunque in sostanza governato dall’esterno.
A questo punto, i sudditi hanno dovuto provvedere a sé stessi.
Certamente, la fase che si è aperta con i famosi “dazi al trenta per cento” sarà caratterizzata dalla confusione politica e dalle tentazioni autoritarie derivanti da una situazione sociale disastrosa,
che tuttavia ci fornisce l’occasione per governarci come vogliamo, e soprattutto per riscoprire e affermare la nostra identità.
Nei giorni scorsi, l’arcivescovo di Monaco di Baviera – che è un monaco benedettino – ha ricordato l’attualità della “Regola”, redatta dal fondatore nel V secolo,
nel momento, cioè, in cui cadeva l’Impero romano ed iniziava il Medioevo.
Questo documento si presta a molte e diverse chiavi di lettura.
Se però lo consideriamo come una sorta di atto costitutivo dell’Europa, lo si deve al fatto che esso fornisce un metodo per governare la povertà,
traendone certamente spunto per l’arricchimento spirituale, come anche per la solidarietà nella ripartizione delle risorse,
che costituì allora, e può costituire oggi, il fondamento per una ricostruzione su nuove basi della società.
Il papa rimane oggi l’unica autorità riconosciuta da tutto l’Occidente, ma soprattutto in grado di ispirare la costruzione dell’Europa unita.
I burocrati di Bruxelles hanno fallito in questo compito, in quanto non si sono mai curati di definire l’identità del continente,
credendo viceversa di poter costruire la sua unità contando soltanto sulla crescita economica.
Costoro si trovano oggi completamente spiazzati, perché anche questo presunto fondamento è venuto a mancare.
Non esiste però un soggetto politico in grado di corrispondere, nella sfera temporale, al disegno delineato e alla funzione assunta dal papa,
che attende invano l’arrivo di un nuovo Carlo Magno, calato su Roma per ricevere l’incoronazione.
Pio XII rimase l’unica autorità effettiva sopravvissuta nell’Italia del 1943.
Pacelli non ne approfittò per ricostituire il potere temporale, limitandosi a influenzare fortemente gli indirizzi dello Stato nel dopoguerra.
Oggi il papa si trova in una situazione analoga rispetto all’Europa.
Il nostro continente non uscirà dalla sua crisi restaurando il Sacro Romano Impero, cioè attraverso la consacrazione dell’autorità civile.
Occorre però sacralizzare la responsabilità che l’esercizio di questa autorità inevitabilmente comporta.
Non si deve costituire né una teocrazia, né uno Stato confessionale,
ma è inevitabile che la fede torni a ispirare l’esercizio del potere.