I nostri Fratelli Corsi annunciano l’imminente celebrazione – che ha luogo ininterrottamente ogni anno fin dal 1981 – dell’edizione 2025 delle “Ghjurnate Internaziunale di Corti”...
I nostri Fratelli Corsi annunciano l’imminente celebrazione – che ha luogo ininterrottamente ogni anno fin dal 1981 – dell’edizione 2025 delle “Ghjurnate Internaziunale di Corti”, località della loro Isola chiamata Corte in francese e in italiano.
Mentre, però, in vista delle precedenti edizioni veniva pubblicato con largo anticipo – sull’apposito sito ufficiale – il programma dettagliato, quest’anno soltanto una scarna notizia appare su una pubblicazione indipendentista sarda, che annuncia la presenza delle “delegazioni del mondo indipendentista” di quest’altra Isola.
Ciò non costituisce certamente una novità, dato lo stretto coordinamento instaurato ormai da moltissimo tempo tra i fautori dell’Autodeterminazione di entrambe le Regioni, i quali – dipendendo ancora gli uni da Parigi e gli altri da Roma – scontano l’analoga condizione riservata alle “Colonie interne”.

La situazione di noi Liguri, che abbiamo viceversa partecipato – “bon gré, mal gré” – alla conquista e alla sottomissione delle altre Regioni confluite nello Stato unitario, risulta certamente diversa.
Se i Nizzardi – cioè i Liguri francesi – sono i nostri vicini di casa, i Corsi sono i nostri dirimpettai.
Nelle giornate più terse possiamo scorgere la loro terra, come essi vicendevolmente possono vedere la nostra.

Speriamo dunque che un giorno si realizzi l’aspirazione di una nostra presenza a Corte.
In attesa di riuscirvi, facciamo giungere tuttavia ai Fratelli Corsi il nostro apprezzamento e il nostro sostegno a una causa che accomuna – come leggiamo sul giornale degli amici sardi – “tutte le Nazioni senza Stato”.
Tanto più che il nostro fu all’origine delle loro sventure, fin da quando la Repubblica di Genova, non essendo in grado di soffocare – nella sua estrema decadenza – l’insurrezione indipendentista guidata da Pasquale Paoli e da Domenico Bonaparte (padre del futuro Imperatore), cedette la Corsica alla Francia, che con il suo Esercito riuscì a frustrare il tentativo dei Corsi di ottenere l’Indipendenza.

Napoleone nacque politicamente anch’egli come indipendentista, esattamente come Stalin, il quale ripeté a distanza di tempo la sua parabola, avendo approfittato di una rivoluzione scoppiata nello Stato che dominava la sua Nazione.
Il rivoluzionario Giugasvili esordì infatti quale fautore dell’Indipendenza della Georgia, nonché degli altri Paesi caucasici, per cui combatté in gioventù a Baku, prima di intrupparsi nei bolscevichi.

L’anno scorso potemmo consultare con largo anticipo il programma delle “Ghjurnate”, inclusivo di “eventi, convegni, concerti e conferenze”.
L’estensore sardo dell’articolo da cui attingiamo le scarne informazioni relative all’edizione di quest’anno dimentica le esposizioni di artigianato e le degustazioni dei cibi tipici, che comunque non stonano in un’occasione dedicata all’identità in tutte le sue espressioni.

La locandina della manifestazione riproduce innumerevoli bandiere, e certamente i Fratelli Corsi accoglieranno con la loro proverbiale ospitalità mediterranea anche le delegazioni provenienti da tutta l’Europa occidentale.
Il baricentro politico della manifestazione tende però a spostarsi ormai da tempo verso il Sud del mondo.
Molta attenzione viene infatti dedicata ai movimenti indipendentisti attivi nei superstiti frammenti dell’Impero francese, quali la Nuova Caledonia e le isole dei Caraibi.
Questi soggetti costituiscono però la retroguardia dei grandi movimenti di liberazione che hanno contraddistinto la storia del dopoguerra.

Esiste inoltre la Palestina, e probabilmente il silenzio sul programma è dovuto al fatto che i Corsi – con un “coup de théâtre” tenuto ancora segreto – esibiranno la presenza di qualche dirigente di Gaza.
Di qui la necessità di celare le proprie intenzioni alle Autorità francesi, che potrebbero impedirgli l’ingresso.

Su questo orientamento del Fronte Nazionale di Liberazione della Corsica – che ha fatto approvare dall’Assemblea Regionale il “riconoscimento” dello Stato palestinese – esprimiamo doverosamente e con franchezza le nostre riserve.
Gli Ebrei costituirono fino al 1948 una delle tante Nazioni senza Stato.
Il fatto che abbiano raggiunto la meta consistente nel costituirlo rappresenta un avanzamento ed un esempio positivo per tutti quanti sono ancora nelle stesse condizioni in cui essi si trovarono per ben venti secoli.
I Palestinesi hanno certamente anch’essi diritto a uno Stato, ma non al prezzo di revocare gli effetti dell’esercizio dell’Autodeterminazione da parte degli Israeliti.
Non si può dunque accettare il programma di Hamas, altrimenti rischieremmo di veder annullare – una volta conquistata l’Indipendenza – il risultato dei nostri attuali sforzi.

Ciò premesso, se l’aspirazione all’Indipendenza costituisce un denominatore comune insostituibile, non si può paragonare la situazione dell’Europa occidentale (e dell’America settentrionale, per quanto riguarda il Québec) con quella degli altri Continenti.
Il pieno sviluppo della democrazia rappresentativa ha infatti permesso l’esercizio di una autonomia effettiva, accompagnata da un’altra conquista altrettanto importante, e cioè l’eliminazione – mediante la tutela delle culture minoritarie – del rischio e dell’ingiustizia rappresentati dall’assimilazione forzata.

Ciò, beninteso, non soddisfa le nostre ambizioni e le nostre rivendicazioni.
Dobbiamo tuttavia prendere atto del fatto che un corso, un fiammingo, un catalano, un abitante del Tirolo meridionale non soltanto possono parlare liberamente nella loro lingua, ma anche perpetuarla attraverso un sistema scolastico conforme alle proprie esigenze.
Recentemente, grazie a un accordo stipulato tra la Calabria e l’Albania, gli studenti “arbresh” – circa sessantamila – potranno disporre di un insegnamento bilingue.
Un tibetano o un uiguro vengono invece arrestati solo perché non rinunciano alla loro identità.

Da questa fondamentale differenza non deriva – lo ripetiamo – la rinuncia all’Autodeterminazione, ma la coscienza che tutti gli stadi intermedi tra l’imposizione del centralismo perseguita in origine – tanto sul piano culturale quanto sul piano giuridico – dagli Stati nazionali costituiscono altrettanti passi importanti sulla strada della piena Indipendenza.

Di qui deriva una conseguenza di ordine politico: con le Autorità centrali è necessario mantenere un rapporto dialettico, basato certamente sulla vertenzialità, che permette tuttavia degli avanzamenti importanti.
I Fratelli Corsi meditino sull’apporto decisivo recato dai loro omologhi della Sardegna all’affermazione elettorale della Sinistra, che ha accolto nel suo programma molte loro rivendicazioni.
E considerino anche quanto avvenuto in Spagna con la costituzione del Governo Sanchez.
Le cosiddette “Autonomie” – ed in particolare la Catalogna e il Paese Basco – hanno ottenuto, in cambio del sostegno offerto all’Esecutivo dai loro Deputati, un ampliamento rilevante delle rispettive competenze.

Se questo rapporto dialettico e vertenziale viene a cessare, se si entra cioè nella logica del “Tutto o niente”, si corre il rischio di uscire dall’ambito legalitario, aprendo un varco alla violenza e soprattutto fornendo un’occasione ai fautori del centralismo, i quali – siano essi la Meloni o Abascal – vorrebbero cancellare anche l’Autonomia già raggiunta e consolidata.
È vero che anche gli altri partiti nazionali rifiutano – almeno per ora – la prospettiva indipendentista.
La posizione di chi è disposto a negoziare un ampliamento dell’Autonomia non deve tuttavia essere confusa con quella di chi rifiuta tale prospettiva.

La logica del “Tutto o niente” porta non solo alla tentazione di cadere nell’illegalità, e perfino nella violenza, ma determina anche il rischio che i movimenti indipendentisti vengano diretti – per i loro scopi – da servizi segreti stranieri.
Questo rischio aumenta con l’avvicinarsi di una guerra.

Di fronte a tale prospettiva, occorre evitare anche un’altra tentazione perniciosa, consistente nel credere che comunque “i nemici dei miei nemici sono miei amici”.
Gandhi e Ben Gurion ottennero l’Indipendenza proprio perché avevano evitato questo errore.
Essi costrinsero piuttosto la Potenza dominante a firmare una cambiale, che fu presentata all’incasso non appena cessate le ostilità in Europa.

Hamas, non avendo nulla da perdere, può certamente dire che sostiene l’Indipendenza della Corsica o perfino della Liguria.
Bisogna però fare accettare questa prospettiva all’Occidente, ponendo il problema di ridisegnare la mappa dell’Europa.
Se gli Stati nazionali hanno bisogno del nostro sostegno, dobbiamo offrirlo, stabilendo naturalmente dei patti chiari ed esigendo un prezzo adeguato.
Altrimenti continueremo a cullarci nell’illusione – coltivata nei tempi in cui andavano di moda le ideologie – che la soluzione dei nostri problemi potesse venire da soggetti estranei alla cultura e all’identità occidentale, e comunque non in grado di incidere sulla nostra realtà.

Il “colonnello” Gheddafi – il quale, non essendo in realtà un colonnello, non era mai andato all’Accademia Militare – finanziava notoriamente tanto l’IRA quanto i nazionalisti “kanak” della Nuova Caledonia.
Una volta, confondendo questi due Paesi, disse: “L’Irlanda, quella piccola isola vicina al Polo Sud”.

A Corte si produrrà, come sempre, Cultura, e la radice della Libertà sta precisamente nella Cultura.
Buon lavoro ai Fratelli Corsi e auguri a tutti quanti combattono – come diceva il Manzoni – “per difendere o conquistare una Patria”.

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Mario Castellano  08/08/2025
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