La Commissione dell’Unione Europea ha definito “giuridicamente non vincolante” l’accordo...
La Commissione dell’Unione Europea ha definito “giuridicamente non vincolante” l’accordo stipulato verbalmente domenica scorsa in un campo da golf della Scozia da Trump e dalla von der Leyen.
Questo organo si comporta come tutti coloro che si accorgono di avere stipulato un contratto svantaggioso – in parole povere di essere stati fregati – e si affrettano di conseguenza a negarne la validità, tentando di farlo annullare.
Anche ammesso che si sia trattato di un’intesa “politica”, rimangono senza risposta le nostre domande.
Chi, in primo luogo, ha autorizzato la Presidente della Commissione a negoziare in nome e per conto dell’Unione?
Perché, inoltre, non sono stati posti dei limiti al mandato conferito alla Signora – belga (di lingua francese) e tedesca?
Comunque venga qualificata l’intesa, essa risulta svantaggiosa per l’Europa.
In terzo luogo, se l’accordo non era “giuridicamente vincolante”, per quale motivo la Presidente della Commissione non lo ha chiarito?
Ritenendolo anzi – contro ogni evidenza – vantaggioso per la propria parte (il che è manifestamente falso), la von der Leyen si è vantata di averlo stipulato, guardandosi bene dal precisare che il patto non era “giuridicamente vincolante”.
Tale qualifica di quanto concordato è emersa soltanto in seguito, quando – dopo avere ascoltato il resoconto della plenipotenziaria europea – i suoi colleghi della Commissione si sono accorti che costei era stata “mangiata a colazione” da Trump, come ha giustamente annotato Orbán.

Vediamo però che cosa dovrebbe succedere in base al diritto.
La fissazione dei dazi americani al trenta per cento a partire dal primo agosto era stata stabilita a suo tempo dal Presidente degli Stati Uniti mediante un atto di tipo legislativo, in cui veniva fissato per l’appunto tale termine iniziale per la sua entrata in vigore, che poteva essere impedita soltanto se l’atto fosse stato modificato da una norma emanata successivamente.
Se dunque l’accordo fosse stato “giuridicamente vincolante”, esso avrebbe quanto meno emendato quanto stabilito in precedenza, facendo scendere i dazi dal trenta al quindici per cento.
Se invece l’intesa non produce alcun effetto giuridico, con il primo agosto – a prescindere da quanto dica Trump, il quale fino ad ora non ha commentato la “marcia indietro” della Commissione di Bruxelles – scattano i dazi al trenta per cento, con tutti i conseguenti effetti catastrofici sull’occupazione in Europa.

Per giunta, l’accordo non si limitava a stabilire l’ammontare dei dazi.
In cambio della cosiddetta “diminuzione dell’aumento”, il nostro continente si impegnava ad acquistare dagli Stati Uniti armamenti e materie prime energetiche per un ammontare stimato, solo per l’Italia, in sessanta miliardi di euro.
Inoltre, l’Unione assumeva l’obbligo di investire nelle industrie americane.
Questo è l’unico punto su cui la Commissione ha ragione nell’escludere un impegno dell’Unione: gli investimenti devono infatti essere compiuti da soggetti di diritto privato, che naturalmente non possono esservi costretti né dall’Unione, né dagli Stati membri.

Non entrando in vigore l’accordo nel suo insieme, gli americani possono astenersi dal darci il petrolio e il gas, che comunque l’Italia, ricevendolo liquido, avrebbe dovuto “rigassificare”.
Non si sa dove, visto che l’impianto di Ravenna non risulta sufficiente e gli altri cosiddetti “rigassificatori” – che comunque dovrebbero essere installati e attrezzati – non li vuole nessuno.
La von der Leyen ha stipulato una sorta di “patto leonino” per fare arrivare in Europa il gas necessario ad accendere i termosifoni, la cui prima consegna sarebbe forse avvenuta “a puffo”, come direbbe il nostro Sindaco nella sua lingua regionale.
Le successive sarebbero invece dipese dal rispetto di quanto concordato.

Ora, oltre a pagare il trenta per cento sulle nostre esportazioni – avendo negato il carattere “giuridicamente vincolante” dell’accordo – rischiamo di non ricevere un bel nulla.
Come si dice “giuridicamente non vincolante” in finnico o in gaelico?
Le lingue ufficiali dell’Unione, in cui si traducono tutte le tonnellate di documenti prodotti a Bruxelles e a Strasburgo, sono in numero addirittura maggiore rispetto a quello degli Stati membri.
Ciò è dovuto al fatto che in alcuni di essi vi sono più idiomi “ufficiali”.
In Spagna è entrata in vigore la norma che impone l’uso del catalano e del basco per tutti gli atti di diritto internazionale riguardanti tale Paese.
L’Unione ha dovuto dunque verosimilmente assumere nuovi traduttori.
Malgrado tale sovrabbondanza di personale, il testo dell’accordo presenta discordanze tra la versione europea e quella americana.
La questione riguarda però ormai soltanto gli studiosi di linguistica, mentre quelli di diritto se ne sono tratti fuori, dal momento che si tratta per l’appunto di un testo “non vincolante giuridicamente”, alla pari delle opere letterarie.

Tra poche ore sapremo qual è la situazione reale.
Quando la prima cassa di Valpolicella, o di Cognac, o di Valdepeñas, giungerà alla dogana degli Stati Uniti, i produttori conosceranno l’importo di quanto dovuto.
Se sarà il trenta per cento, le proteste dovranno essere indirizzate alla von der Leyen e non a Trump, il “tycoon” potendo invocare il principio in base al quale “pacta sunt servanda”.
A tanto ci ha portato l’avvento di una “classe dirigente” europea composta da “dilettanti allo sbaraglio”.

Il nostro Sindaco vive, da parte sua, in una sorta di “capsula del tempo”.
Credendo che sia ancora in vigore il “Patto di Rinascita”, il Primo Cittadino medita nuove opere faraoniche.
Ora è preso dalla mania degli “sventramenti”, come Mussolini, che voleva distruggere la Roma del Medioevo e del Rinascimento per fare emergere quella dell’Impero.
L’abbattimento dei “silos” dovrebbe ripristinare, nelle intenzioni, il paesaggio urbano quale era nell’epoca preindustriale.

I tre (3) portuali superstiti – da parte loro – gareggiano in “nostalgismo” con Scajola ed intonano “Fischia il vento”.
La maggioranza, colta impreparata in materia musicale, avrebbe potuto rispondere con “Giovinezza” – molto apprezzata dall’ex vice sindaco Strescino – o con l’Inno di Garibaldi: “Si scopron le tombe, si levano i morti”.
Ovvero con quello dei Templari, certamente conosciuto dall’ex consigliere Augusto Ferrari: “Non nobis, Domine, sed Nomini Tuo da gloriam”.

Mentre si naufraga nei debiti, ci si aggrappa a un passato leggendario, in cui si cerca non tanto ispirazione quanto piuttosto evasione.
Il deficit dell’Azienda sanitaria tocca intanto i centodue milioni, al punto che perfino la stampa locale parla con impertinenza di una “voragine”.
La nostalgia è veramente il sentimento dei falliti.

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Mario Castellano  12/08/2025
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