Non sappiamo se ci sia ancora qualche anziano vivente – se esiste, si tratta ormai comunque di centenari – che ricordi l’impiego, e tanto più l’etimologia, del termine gergale “Ginobartalini”.
Non sappiamo se ci sia ancora qualche anziano vivente – se esiste, si tratta ormai comunque di centenari – che ricordi l’impiego, e tanto più l’etimologia, del termine gergale “Ginobartalini”.
Nell’immediato dopoguerra, gli italiani, reduci dalle restrizioni di carattere tanto legale quanto economico imposte dal recente conflitto, si diedero a viaggiare come potevano, affollando soprattutto i treni – la motorizzazione di massa non c’era ancora stata – e muovendosi in branco.
In occasione di una delle prime Milano–Sanremo disputate dopo la Liberazione, vinta trionfalmente da Gino Bartali (da cui l’origine del termine), un’enorme quantità di abitanti del Basso Piemonte si riversò sulla nostra Riviera: tanto per applaudire i concorrenti italiani quanto per trascorrervi una giornata di vacanza, godendo del tepore primaverile.
Naturalmente, tutti costoro portarono con sé il cibo e le bevande, arrivando in mattinata e ripartendo dopo il passaggio dei ciclisti.
Questa orda di visitatori rumorosi, invadenti e squattrinati, che non recarono alcun beneficio all’economia locale, venne per l’appunto denominata – in omaggio al vincitore della gara – con l’appellativo, appositamente coniato, di “Ginobartalini”.

Ora succede qualcosa di analogo, a quanto riferiscono le cronache, sull’altra Riviera.
Vi sono infatti dei milanesi che partono in direzione dell’Adriatico prima del sorgere del sole, piombano sulle spiagge della Romagna affittando solamente l’ombrellone e la sdraio, consumano un panino portato da casa e, al tramonto, prendono la via del ritorno, limitandosi ad affrontare soltanto le spese incomprimibili.
Sulla Riviera ligure si produce un fenomeno analogo, che consiste nella presenza esclusivamente di chi è proprietario di un alloggio.
Costoro portano con sé perfino la carta igienica e il pane, appositamente congelato e conservato in frigorifero.
Nessuno, ormai, si può permettere di affittare una casa, e tanto meno di andare in albergo, sia pure a “mezza pensione”.

Tale espediente si basa sulla consumazione di una gigantesca prima colazione “all’inglese”, che permette di ingerire fin dal mattino tutte le calorie necessarie per affrontare la giornata, che, grazie alla calura estiva, non richiede pasti troppo pesanti, ed anzi li sconsiglia.
Anche sommando i proprietari di “seconde case” e i fruitori della “mezza pensione”, le spiagge rimangono comunque desolatamente vuote.

A questo punto, per iniziativa di qualche stratega collocato nell’Ente Turismo, nell’Azienda Autonoma o in un Consorzio tra gli operatori del settore, si è fatto ricorso al classico espediente impiegato in tempo di guerra per trarre in inganno il nemico: nascondere le proprie perdite.
Poiché i superstiti visitatori potevano contemplare lo squallido spettacolo degli ombrelloni chiusi, qualcuno ha ordinato di aprirli comunque.
Visto da un drone, il panorama delle nostre spiagge può trarre in inganno il suo “pilota”, apparendo simile a quello che si contemplava nei tempi delle “vacche grasse”.
Se l’osservazione viene però effettuata al livello del suolo, ci si accorge che sotto gli ombrelloni aperti giacciono le sedie a sdraio viceversa chiuse.

Il nostro amico Riccardo Martini Sartorelli, subentrato al padre – il leggendario Osvaldo “Braccioforte” Martini Tiragallo – nella gestione dell’omonimo ristorante, ci informa che gli avventori hanno solo in parte rinunciato a consumarvi i loro pasti, riducendoli però a una sola portata.
Anche qui si assiste a una dissimulazione: non già delle perdite – che il gestore non può nascondere – bensì del proprio “status” economico, inesorabilmente abbassato.

Un altro espediente è stato adottato dai titolari di stabilimenti balneari.
Costoro erano soliti affiggere cartelli che diffidavano i clienti dal portare con sé alimenti da consumare sulla spiaggia.
Un noto gestore di Arma Taggia aveva addirittura ingaggiato un dipendente con mansioni di poliziotto privato, incaricato di smascherare tale infrazione.
Costui, quando scopriva un trasgressore, lo obbligava a pagare la consumazione, pur non avendo acquistato “in loco” la classica “mezza minerale”.

Ora però il chiosco viene dato in gestione a un appaltatore, il quale paga il titolare dello stabilimento obbligandosi a osservare un determinato orario di apertura e perfino a rifornirsi da una particolare marca di gelato.
Il padrone dello stabilimento si astiene però dall’esigere che i clienti osservino la norma in base alla quale è vietata la consumazione di cibi e bevande acquistati altrove.
Il povero gestore del chiosco – non potendo esigerne il rispetto – finisce così per essere rovinato.

Vi è poi chi subappalta la stessa concessione demaniale, cosa espressamente autorizzata dal Codice della Navigazione.
Tra albergatori, ristoratori, titolari di bar, bagnini e padroni dei chioschi, tutti quanti orbati di clienti, molti rimarranno vittime di una autentica strage, non avendo nemmeno recuperato le spese sostenute per affrontare la stagione, che per molti di costoro sarà l’ultima della loro esistenza.

Perfino per i “playboys”, dediti a rimorchiare le turiste (specialmente tedesche) nelle località balneari, si profila un disastro: mancano infatti ormai anche le donne da corteggiare.
L’alternativa costituita dalle crociere – oltre a risultare dispendiosa – può causare delle delusioni.
Come asserisce il nostro amico Angelo Nuvolone di Taggia, autentico veterano dell’ambiente e poeta estemporaneo: “Le crociere sono cose buone, ma sono piene di tardone”.

L’unico a credere nel turismo, con l’entusiasmo del neofita e con la cecità del fanatico, è il sindaco di Imperia, il quale crede di essere destinato a impersonare nella Storia un ruolo simile a quello di Maometto.
Il Profeta, obbligando i propri seguaci a recarsi in pellegrinaggio almeno una volta nella vita alla Mecca, fece la fortuna della propria città, divenuta la meta più visitata nel mondo, che per giunta non soffre di abbassamenti congiunturali nelle cosiddette “presenze”.
Analoga funzione hanno svolto tra i cristiani Bernadette Soubirous per Lourdes e suor Lucia Marto per Fatima, entrambe innalzate agli onori degli altari.

Dubitiamo che il “Bassotto” possa nutrire una simile aspirazione.
Egli assomiglia piuttosto ai veggenti di Medjugorje: la Chiesa lascia liberi i fedeli di credere o meno all’autenticità delle apparizioni; basta comunque chi li ritiene veridici per riempire gli alberghi.
In previsione di un simile risultato, Scajola ha propagandato la “Pista Ciclabile” perfino in Giappone.
In effetti, è necessario un atto di fede per credere nel fantomatico “sviluppo turistico” di Imperia.

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Mario Castellano  13/08/2025
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