Vale ancora la pena soffermarsi sul progetto “carolingio” in cui si inscrive l’attuale Pontificato...
Vale ancora la pena soffermarsi sul progetto “carolingio” in cui si inscrive l’attuale Pontificato, per valutare le caratteristiche che questa prospettiva assume sul versante del Potere Civile, ovvero – detto nel linguaggio ecclesiastico – del Potere Temporale.
Carlo Magno raccolse, nel momento in cui si fece incoronare Sacro Romano Imperatore, l’eredità lasciata da suo nonno Carlo Martello e, successivamente, da suo padre Pipino il Breve.
Carlo Martello era considerato – e lo è tuttora – il salvatore dell’Occidente cristiano, avendo fermato l’invasione islamica dell’Europa a Poitiers.
Pipino il Breve aggiunse l’Italia ai suoi domini dell’Europa centrale quando scese nella Penisola per abbattere il Regno dei Longobardi.
Questa vicenda venne rivisitata – ed idealizzata – dal Manzoni nell’Adelchi.
L’autore de I Promessi Sposi era però un nazionalista italiano e vedeva, dunque, nell’annessione del suo Paese all’Impero carolingio soltanto il passaggio da un dominio straniero a un altro, come canta mirabilmente nel “Primo Coro” dell’Adelchi.

Oltre ad annettere l’Italia, Pipino costituì il primo nucleo dello Stato della Chiesa, mediante la cosiddetta “Donazione di Sutri” del 756.
Le benemerenze acquisite dai suoi predecessori valsero a Carlo Magno l’accoglienza riservatagli dal Papa, che si prestò verosimilmente di buon grado alla pretesa di restaurare l’Impero, denominandolo naturalmente “Sacro”: cioè cristiano.
Egli stesso aveva, d’altronde, contribuito a diffondere questa religione, usando la spada, come fece a Paderborn, dove pose i Sassoni nell’alternativa tra rinnegare il paganesimo o essere decapitati.

Il baricentro dell’Impero, pur esteso fino a Roma, rimaneva collocato in quella zona – comprensiva della Francia orientale, della Renania tedesca e dei territori che compongono attualmente il Belgio e i Paesi Bassi – dove da allora in poi si è deciso il destino di tutta l’Europa.
Potremmo citare infiniti episodi a conferma di questa asserzione, ma è meglio rifarsi alle vicende successive alla morte di Carlo Magno.
Dopo che l’Impero fu retto da suo figlio Luigi “il Pio”, esso venne spartito tra Carlo, cui andò la Francia, e Luigi, che ereditò la parte tedesca.
Una terza fetta, una sorta di corridoio che andava dall’attuale Olanda fino alle Alpi, costituì il dominio di Lotario, essendo chiamata appunto Lotaringia.

A questo punto, il destino della Francia e quello della Germania si divisero:
la prima accentuò progressivamente le proprie caratteristiche nazionali, prevalendo in essa l’influenza latina, mentre l’Impero mantenne la propria sede sulla sponda orientale del Reno.
Quando l’effimera Lotaringia cessò di esistere, il Reno segnò da allora il confine sul quale le due nazioni si sarebbero scontrate nei secoli futuri, con la Francia ossessionata dalla minaccia di una nazione rivale più estesa e più popolosa.

La Francia rimase estranea all’Impero, ma la sua esistenza, quale soggetto munito di una sovranità sempre più simbolica e sempre meno effettiva, valeva paradossalmente a salvarla da questo pericolo.
Il culmine della politica perseguita dai re di Francia nei confronti della Germania fu il Trattato di Westfalia del 1648, che frammentò la Germania in ben trecento Stati, ridotti a circa trenta soltanto con il Congresso di Vienna.

Quando i tedeschi invasero la Francia nel 1940, diedero la caccia alla copia originale del Trattato di Westfalia, provvidenzialmente salvata da un diplomatico americano che la portò negli Stati Uniti.
La costituzione dello Stato unitario tedesco coincise con la guerra del 1870, cui fecero seguito i due conflitti mondiali del Ventesimo secolo.
L’ostilità verso la Francia fu accresciuta dal fatto che il centro della Germania unita era ormai situato nella Prussia.
Adenauer, che era renano – e dunque dirimpettaio della Francia – diceva spesso che non ci sarebbero state le due guerre mondiali se la Germania fosse stata guidata dai suoi corregionali.

Questo fu, non a caso, il disegno perseguito dalle potenze vincitrici dopo il 1945: il Cancelliere fu incaricato di ricostruire una Germania filo-occidentale, la cui capitale venne collocata a Bonn.
La forza economica della parte del Paese collocata lungo il corso del Reno, verso il suo confine occidentale, fece il resto.
Si giunse così, dopo il ritorno al potere del generale De Gaulle, all’alleanza organica tra i due Paesi, che costituì l’embrione di una nuova Europa “carolingia”.

Certamente, De Gaulle diffidava degli anglosassoni e intuiva che l’ingresso dell’Inghilterra in Europa avrebbe frenato ogni sua evoluzione sovranazionale; l’uscita della Gran Bretagna gli avrebbe dato ragione “a posteriori”.
Sulla scia di Adenauer si collocò Kohl quando propose l’Europa “a due velocità”, composta da un nucleo duro il cui territorio coincideva con i Paesi bagnati dal Reno, mentre la parte meridionale del continente era destinata a costituirne un’appendice, che poteva alternativamente essere mantenuta attaccata o distaccata dall’Europa centrale a seconda delle convenienze strategiche.

Lo stesso discorso valeva, mutatis mutandis, anche per l’Europa orientale, che a suo tempo era stata mantenuta nella soggezione all’Occidente in quanto l’Impero – la cui sede si era trasferita a Vienna, dove rimase fino al 1918 – aveva assunto il compito di costituire un antemurale contro la minaccia rappresentata dalla Turchia e dalla Russia.

Ora l’idea di una Europa “carolingia” riprende a manifestarsi con la stipula di due trattati: quello tra Francia e Inghilterra sul nucleare, di cui questi due Paesi condividono l’esclusiva – sia pure mettendolo al servizio delle altre nazioni del continente – e quello tra l’Inghilterra e la Germania, cui viene concessa una tutela particolare, in rapporto al fatto che anche la Gran Bretagna è interessata alla sopravvivenza di un Occidente coincidente con l’antico territorio carolingio.
Cioè con quella parte dell’Europa che nei secoli è stata contesa in quanto il suo controllo risultava decisivo per gli equilibri globali.

I milioni di morti del 1914-1918 non si spiegano con la rivendicazione da parte francese dell’Alsazia e della Lorena, bensì con la contesa per la supremazia sull’Occidente, che all’epoca comportava la supremazia su tutto il mondo; mentre oggi significa la garanzia della sopravvivenza di questa sua parte.
L’elezione di un Papa di cultura anglosassone ribadisce, a sua volta, l’ipoteca posta su di essa fin dal 1945 dall’America.
Ecco perché il disegno “carolingio” è impersonato, sul versante religioso, da un prelato proveniente – come Abramo Lincoln, anch’egli dell’Illinois – dalle praterie del “Middle West”.

Send Comments mail@yourwebsite.com Saturday, April 25, 2020

Mario Castellano  13/08/2025
Copyright ilblogdimario.com
All Rights Reserved