Analisi del discorso della Presidente del Consiglio a Rimini
Se qualcuno ancora nutriva dubbi sull’egolatria che contraddistingue la Presidente del Consiglio, rendendola simile – dal punto di vista caratteriale – a Mussolini, il discorso pronunciato a Rimini li ha completamente dissipati.
La Signora della Garbatella ha dedicato la propria apoteosi all’esaltazione della Nazione, dello Stato e del Governo, tutti affidati alla guida della sua persona, cui si deve dunque attribuire il merito esclusivo della loro rinnovata grandezza.

Si dà però il caso che l’identità della Nazione italiana sia costituita in gran parte dall’eredità spirituale e culturale giudaico-cristiana, a cui la Presidente del Consiglio non ha fatto alcun diretto riferimento, appropriandosi invece soltanto delle figure di alcuni Santi, citati a sostegno delle proprie tesi.
Anche Mussolini aveva estrapolato dalla Storia d’Italia San Francesco d’Assisi, il cui contributo alle vicende del nostro Paese risultava troppo rilevante per essere sussunto, senza però fare riferimento all’epoca in cui era maturata la Vocazione del Poverello, e a cui l’Ordine da lui fondato aveva recato un fondamentale contributo: la Civiltà dei Liberi Comuni, in cui il pluralismo civile e culturale dell’Italia aveva trovato la sua massima espressione.

Il “Bel Paese”, essendo composto dalle proverbiali “Cento Città”, subì una “reductio ad unum” perseguita dal centralismo sabaudo, portato dal Fascismo alle sue estreme conseguenze, come un atto di violenza. Non a caso, l’ascesa al potere del “Duce” fu resa possibile non solo dalla distruzione della rete solidaristica costituita dal Movimento dei Lavoratori, ma soprattutto dalla conquista “manu militari” dei Municipi.
La Repubblica afferma invece, fin dal suo atto costitutivo, che “riconosce e promuove” le Autonomie Locali.

L’idea della Nazione italiana propria della Meloni tende a sussumere addirittura l’intera epoca cristiana: tra l’Antica Roma mitizzata da Mussolini, il presunto Medioevo “pagano” della Meloni e un presente contraddistinto dalla Restaurazione non c’è nulla, o meglio, si collocano soltanto processi degenerativi, a cui l’avvento provvidenziale dapprima del “Duce” e poi della sua “nipotina” avrebbe posto fine.

A suo tempo, ci fu perfino un ciarlatano che identificò in Mussolini il “Veltro” di Dante Alighieri. Ci permettiamo di rivolgere un quesito ai componenti della “Compagnia dell’Applauso”, che – rinnovando una prassi tipica del “Ventennio” – si è ricostituita a Rimini: ignorano forse che vi fu una fase della nostra vicenda nazionale in cui più ci si avvicinò alla realizzazione dell’ideale solidaristico cristiano?

L’Italia dei Comuni, privilegiando non tanto la democrazia – ancora sconosciuta – quanto l’inventiva e la creatività tipiche del nostro popolo, dovrebbe essere ancora oggi fonte di ispirazione. La Meloni preferisce invece modelli autocratici, che coartano non soltanto la libera espressione politica, ma anche la fioritura delle “Arti e Mestieri”, oggi definita libertà di intrapresa.

Se la Presidente del Consiglio ignora l’apporto del pensiero cristiano all’identità nazionale, ne consegue – come logica conseguenza – che ignori anche la dialettica tra Chiesa e Stato. La sua visione non è neoguelfa, come quella dei Cattolici democratici, bensì neoghibellina: la Chiesa deve subordinarsi a un potere statuale autoritario, centralista e tendenzialmente assoluto, riducendo la Comunità dei Credenti al rango di organizzazione di massa del nuovo Regime, incaricata di procurare, incanalare e manifestare pubblicamente un consenso coatto. Questo avvenne per effetto dei Patti Lateranensi.

Infine c’è il Governo, con la sua Maggioranza. Ci si sarebbe aspettati che la Meloni ringraziasse la platea per avervi fatto confluire il Movimento di cui il “Meeting” è espressione massima, rendendo almeno un omaggio formale al proprio alleato. Non farlo significa disprezzarlo o considerarlo irrimediabilmente subalterno.

Malgrado tutti questi “pesci in faccia”, la platea ha tributato infinite entusiastiche ovazioni alla Meloni, motivazioni sincere: la Presidente ha infatti realizzato uno degli obiettivi del loro Movimento, cancellando ogni influenza della Sinistra, in particolare della Sinistra cattolica, mentre l’edificazione dello Stato confessionale può attendere.

Il “Meeting” ha confermato come, una volta terminata la “kermesse”, emerga la tendenza del Cristianesimo occidentale a costituire piccoli gruppi di persone animate dalla stessa Fede. La base si muove in direzione opposta ai Movimenti di massa, privilegiando la Fede rispetto alle opere, riscoprendo inconsapevolmente il Giansenismo. Questa corrente, attraverso l’opera del Manzoni, influenzò il pensiero cattolico liberale: la chiave de I Promessi Sposi sta nell’incontro tra l’Innominato e il Cardinale Borromeo, dove la Fede dell’uno è accolta dall’altro.

Il problema della nostra generazione è stato considerare le opere come unica discriminante, favorendo chi sosteneva lo “status quo” e la regressione. Rivalutare la Fede significa sottrarsi all’influenza del Potere, praticare resilienza e, solo successivamente, tornare alle opere per riformare il mondo. Per ora, alcuni preferiscono estraniarsi, lasciando che Vittadini tratti i suoi affari con la Meloni.

Send Comments mail@yourwebsite.com Saturday, April 25, 2020

Mario Castellano  7/09/2025
Copyright ilblogdimario.com
All Rights Reserved