Comunità alternative e deperimento dello Stato | Analisi giuridica e storica
In alcune zone degli Stati Uniti sono insediate le comunità dei cosiddetti “Amish”.
Si tratta degli adepti di una particolare confessione religiosa evangelica, originari della Germania, i quali parlano e pregano in un tedesco arcaico, ma soprattutto si distinguono per il rifiuto del progresso tecnologico.
Gli Amish vivono di agricoltura, ma non usano i trattori, bensì gli aratri trainati dai buoi; portano i loro prodotti al mercato ortofrutticolo, ma impiegano carri trainati dai cavalli.
Si aggiunga che continuano a vestirsi come nel periodo in cui lasciarono l’Europa.
Essi assomiglierebbero a un grande gruppo folkloristico se il loro stile di vita non fosse permanente e, soprattutto, basato su convinzioni molto solide.

È infatti molto raro che costoro si distacchino dalle loro comunità o si mescolino con persone di diversa fede ed origine.
Gli Stati Uniti, quando era in vigore la coscrizione obbligatoria, li esoneravano dal prestare il servizio militare.
Per il resto, questa popolazione vive come se componesse una sorta di Stato nello Stato.
Naturalmente, gli Amish non tengono alcun atteggiamento o comportamento ostile verso le autorità, che a loro volta non si intromettono nei rapporti tra i membri di queste comunità.

Il caso della famiglia inglese che ha deciso di praticare una sorta di ecologismo integrale, vivendo come prima della Rivoluzione Industriale e rifugiandosi a tal fine sulle montagne dell’Abruzzo, trova la sua origine nel fatto che costoro stavano eludendo alcuni obblighi di carattere generale, come la frequenza scolastica obbligatoria e la vaccinazione dei figli minori.
Quanto all’abitabilità dell’edificio in cui la famiglia risiedeva, è bastato sceglierne uno in grado di superare tutti i controlli cui vengono sottoposte per legge le cosiddette “case di civile abitazione”.

Aumenta però sempre più il numero di cittadini italiani, o di altri Paesi europei, che compiono la stessa scelta.
Pare che la Germania sia la nazione nella quale questo fenomeno ha avuto maggiore diffusione, essendo collegato al “revival” dei culti pagani.
Chi ha scelto di ripristinare il culto degli dèi dell’antico pantheon germanico non si limita infatti a un’opzione di carattere religioso, ma si rifugia nei boschi, costituendo nuove comunità dedite all’agricoltura e alla pastorizia, praticate secondo i metodi propri del passato preindustriale.

Se in Italia il fenomeno non pare avere — diversamente da quanto avviene in Germania — alcun risvolto di carattere religioso, esso è comunque originato da una motivazione ideologica.
Opponendosi allo Stato e non riconoscendone l’autorità, i seguaci di tale tendenza non lo affrontano tuttavia con una ribellione violenta, né proclamando l’obiezione di coscienza nei riguardi dei suoi precetti.
Semplicemente, costoro si separano fisicamente dall’ambito territoriale in cui si esercita quello che, nel linguaggio giuridico, si definisce il “potere di imperio”, pagando naturalmente il prezzo consistente nel rifiutare le prestazioni che lo Stato offre ai consociati.

A prescindere dall’ideologia cui si ispirano queste persone, assistiamo comunque a un rifiuto del rapporto vigente tra l’autorità e i cittadini.
Vi è infatti chi parte da una comparazione tra quanto lo Stato esige e quanto esso offre in cambio.
Considerando che i sudditi ricevono sempre di meno, ma sono chiamati a dare sempre di più, vi è chi compie una scelta consistente in una sorta di secessione.

In passato, ciò è sfociato talvolta in una dichiarazione di indipendenza, proclamata da chi intendeva distaccare una popolazione e un territorio da uno Stato per costituirne uno nuovo.
Tipico fu il caso dei cosiddetti coloni americani, che manifestarono il rifiuto di obbedire alla Corona britannica gettando le balle di tè nelle acque del porto di Boston, volendo con ciò significare che preferivano farne a meno piuttosto che pagare i dazi imposti dalla madrepatria su tale prodotto.
Poco dopo, gli Stati Uniti trassero le conseguenze da tale presa di posizione proclamando l’indipendenza.

A questo punto, però, una nuova autorità di governo, munita a sua volta di potere di imperio, si affermò sulla popolazione e sul territorio delle Tredici Colonie, venendo riconosciuta come legittima dai loro abitanti.
Quanti si “imboscano” — nel senso letterale della parola — non soltanto sulle montagne dell’Appennino abruzzese, ma un po’ ovunque in Italia e altrove, prediligendo naturalmente i luoghi più adatti alla pratica dell’ecologismo integrale, si distinguono dagli americani del 1776 perché non dichiarano di costituire nuovi Stati indipendenti.

La loro ribellione, tuttavia, se valutata in termini giuridici, può condurre allo stesso risultato.
Costoro infatti si governano in base a proprie leggi, non riconoscendo quelle vigenti nei luoghi da cui si sono allontanati, e costituiscono proprie autorità, le quali esercitano un potere de facto su un territorio e una popolazione.
Il diritto internazionale afferma che gli Stati non sorgono per effetto del riconoscimento da parte di altri soggetti, bensì quando si determina precisamente questa situazione di fatto, che si trasforma per ciò stesso in una situazione de jure, perfino quando manca un’esplicita dichiarazione di indipendenza, la quale, viceversa, non produce di per sé alcun effetto giuridico.

Arafat proclamò ad Algeri l’indipendenza della Palestina, ed oggi è in atto una campagna per il suo riconoscimento da parte degli Stati dell’Europa occidentale.
Anche la Catalogna venne proclamata indipendente dal suo governo regionale.
Chi però ha continuato ad esercitare concretamente il potere di imperio sulla Cisgiordania e sulla Catalogna è stato, rispettivamente, lo Stato di Israele e la Spagna; per cui non si è modificata la situazione de jure.

Vi sono invece Stati che esistono pur in mancanza di una dichiarazione formale.
Tempo fa venimmo invitati a pranzo da un signore che si qualificava come generale dell’esercito del Kurdistan iracheno.
Il suo Paese di origine costituisce infatti uno Stato munito anche di un proprio esercito regolare, dal momento che il suo territorio e la sua popolazione vengono governati da una propria autorità, la quale — per non lasciare alcun dubbio sull’esistenza di una situazione de facto coincidente con quella de jure — vieta l’ingresso anche di un solo agente di polizia o di un solo militare inviato da Baghdad.

I nostri “imboscati” non sono viceversa in grado — e neppure hanno l’intenzione — di vietare ai Carabinieri di ispezionare i loro insediamenti.
Il fenomeno non assume dunque, almeno per ora, una dimensione giuridica.
Ne ha viceversa una politica, che non dovrebbe lasciare molto tranquilli la Meloni e i suoi ministri.

Se qualcuno si propone di abbattere l’esecutivo con la forza, come intendono fare i “Propal” con le loro manifestazioni apertamente sediziose, qualcun altro persegue un obiettivo diverso, ma altrettanto sovversivo.
Gli “imboscati”, benché non sparino sui Carabinieri e anzi agiscano in modo assolutamente pacifico, si distinguono tuttavia per il fatto di non riconoscere l’autorità.
Poiché costoro — a differenza di altri soggetti che ugualmente si atteggiano come “Stati nello Stato” — occupano crescenti porzioni di territorio, potremmo considerare già iniziato quel fenomeno che, nel linguaggio giuridico, si definisce con il termine di “deperimento dello Stato”.

Tale fenomeno si verifica quando lo Stato non è più in grado di imporre la propria volontà, né in forma di precetto né in forma di sanzione, alla generalità dei consociati.
Esso fu tipico della decadenza dell’Impero Romano.
I cosiddetti “regni barbarici” non se ne distaccarono formalmente, ma l’autorità di Roma divenne progressivamente teorica e non più effettiva su territori sempre più vasti, che in seguito si costituirono come altrettanti Stati, ma solo al termine di un processo durato alcuni secoli.

Analogamente, nel tardo Medioevo, i “liberi Comuni”, sorti inizialmente come l’equivalente di cooperative di coltivatori — nel caso di quelli rurali — o di artigiani e mercanti — in quelli urbani — presero ad emanare leggi, cioè i loro statuti, che costituiscono un grande monumento del diritto italiano.
Con ciò stesso, in modo progressivo e insensibile, non essendosi pronunciata alcuna formale dichiarazione di indipendenza dall’Impero, i Comuni divennero altrettanti Stati.

Al giorno d’oggi si moltiplicano — specialmente in Africa, ma non solo — i cosiddetti “failed States”, chiamati anche “crashed States”, accomunati dal fatto che la loro autorità risulta ormai solo teorica, mentre il potere di fatto è trasferito a una molteplicità di soggetti politici, religiosi, tribali o addirittura criminali.
Gli “imboscati” dell’Appennino possono costituire la prima manifestazione di un simile fenomeno.

Poiché esso può risultare, alla lunga, incontenibile, è preferibile che i nuovi soggetti emergenti abbiano un’ispirazione ideologica o politica, piuttosto che rappresentare il risultato di una degenerazione criminale.
Da un lato potrebbero riaffacciarsi i “briganti”, eredi di una tradizione italiana molto radicata: basti pensare al culto popolare che ancora circonda “quell’uom dal fiero aspetto”, nonché figure ambiguamente sospese tra delinquenza comune e ribellione politica, quali Michele Pezza, detto “Fra’ Diavolo”, Stefano Pelloni, il “Passator Cortese”, fino ad arrivare a Carmine Crocco e a “Ninco Nanco”, per non parlare del bandito Giuliano.
Di tutti costoro, la moderna storiografia rivaluta comunque — se non i metodi — quantomeno le motivazioni.

Conviene dunque che gli “imboscati” si mantengano sul terreno del pacifismo ecologico.
Guai a noi se la cosiddetta “fantasia della Storia” dovesse partorire una qualche liaison con i “Propal” e i centri sociali: assisteremmo in tal caso a una saldatura tra guerriglia urbana e guerriglia rurale, che ci porterebbe tutti quanti all’inferno.

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Mario Castellano  18/12/2025 articolo del 26/11/2025
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